Sassoli e Tajani, un caso di ipocrisia italiana: dall’anatema 19 anni fa al passaggio di consegne a Strasburgo

di Sergio Carli
Pubblicato il 4 Luglio 2019 - 16:53| Aggiornato il 11 Gennaio 2022 OLTRE 6 MESI FA
david sassoli

Sassoli e Tajani, il loop del destino: dall’anatema 19 anni fa al passaggio di consegne a Strasburgo

David Sassoli presidente del Parlamento europeo ha offerto l’occasione per una serie di santini sui giornali italiani che quasi superano quelli dedicati alle due donne della politica europea, la francese Christine Lagarde e la tedesca Ursula von der Leyen. Con le dovute eccezioni per fortuna.

Il miele sparso nelle ultime 24 ore su Sassoli è inversamente proporzionale alla effettiva importanza del ruolo. L’impressione è che il presidente del Parlamento europeo conti molto poco. Come è giusto che sia, visto che il suo ruolo è per definizione super partes. L’esperienza di Antonio Tajani sembra confermarlo. Come Sassoli italiano, bell’uomo e giornalista. Sarà un caso? Tajani si è distinto per una intervista a un giornale tedesco sugli scafisti e una rivalutazione di Mussolini, per cui si è dovuto poi scusare. Sassoli ha esordito parlando bene delle Ong. In ogni caso resterà in carica solo metà tempo, l’incarico è a staffetta.

Come in tutte le agiografie degne di quel nome, quella di Sassoli sembra essere stata purgata da un episodio della sua vita da giornalista che certamente gli ha creato al tempo qualche imbarazzo ma che invece vent’anni dopo ne fa una vittima e un po’ anche un eroe. Non ne parlano i giornali, non ce ne è traccia in Wikipedia. Pochi, nell’Italia senza memoria ricordano ancora quella pagina vergognosa, non certo per Sassoli ma per chi scatenò la polemica. Fu l’allora presidente della Commissione parlamentare di vigilanza della Rai (e poi anche ministro delle Comunicazioni) Mario Landolfi, deputato della scomparsa An, a mettere in stato d’accusa Sassoli (e con lui mezza Rai) per un servizio del Tg1 su una banda di pedofili in Russia.

La vicenda che in quel settembre di 19 anni fa mise Sassoli alla gogna della destra e anche delle tante oche giulive che affondano la sinistra ebbe origine da un servizio da lui firmato sul Tg1, di cui era inviato di punta. Tema: bambini russi vittime di pedofili. Immagini crude, disse chi le aveva viste e forse anche chi non le aveva viste; mandate in onda dal Tg1 e anche dal Tg3. 

Rileggendo la cronaca di Repubblica si prova un brivido di assurdo. L’anatema di Landolfi costò lettere di censura ai due direttori, Gad Lerner (Tg1) e Nino Rizzo Nervo. I due direttori diedero le dimissioni. Sembra che si dimettesse anche Sassoli, ma, a quanto pare, anche se le inoltrò all’ufficio del personale dopo averle annunciate, non ebbero effetto duraturo, perché negli anni successivi Sassoli ricomparve al Tg1 dove fece anche carriera, diventandone vice direttore oltre che anchorman. 

A quel che risulta, l’unico davvero coerente fu Lerner, che non solo lasciò per sempre l’ufficio dove era entrato appena 3 mesi prima. Lo fece con un colpo di teatro, dandone notizia in diretta e con l’occasione sputtanando anche un po’ Landolfi. Il suo grande accusatore, poco tempo prima, esattamente il 13 luglio, lo aveva invitato a pranzo e gli aveva messo in mano un foglietto dicendo: 
 “Ci sarebbe questa persona da sistemare”. Querelato, Lerner vinse la causa. Per le immagini trasmesse, ci fu un pm che aprì regolare fascicolo e procedimento penale. Tre anni dopo un Gip di Roma sentenziò che “il fatto non sussiste”, tutti prosciolti in istruttoria, Lerner, Sassoli, Rizzo Nervo e l’inviato del Tg3 Riccardo Chatroux.

C’è da sottolineare che l’unico che non perse le staffe e non si prestò, come purtroppo fece il Dg della Rai Pierluigi Celli, al gioco al massacro fu il presidente della Rai, Roberto Zaccaria: “Non credo che sarebbe giusto dare le dimissioni; io non le darò”. “Con questa vicenda abbiamo perso un punto di credibilità” ma “è stato un incidente. Non è certo questo il nostro modo di intendere l’informazione”. “L’informazione è libera anche perché a volte commette degli errori. Guai se per evitare degli errori si avesse un grammo in meno di libertà”. Il presidente, che si è detto “colpito per le dimissioni dei giornalisti, ha precisato: “Se ci saranno delle sanzioni, io farò il possibile perché siano graduate rispetto al livello di responsabilità per l’omesso controllo e per il contenuto dei servizi”. Degne di miglior causa le parole di Usigrai, il sindacato dei giornalisti Rai: “Le immagini viste stasera nei servizi del Tg3 e Tg1 sulla pedofilia sono semplicemente inaccettabili, incompatibili con i nostri doveri di giornalisti del servizio pubblico”. Il moralismo è la malattia inguaribile e mortale della sinistra. Robespierre non ha insegnato nulla…

Antonio Tajani, di Forza Italia, che anche lui giornalista ha preceduto Sassoli alla presidenza del Parlamento europeo e gli passerà in questi giorni le consegne, non perse l’occasione e per dire la sua, parlando di “offesa arrecata a tutte le famiglie”. Sempre a proposito dei complessi e contorti meandri della storia. “A long and winding road…”. Chissà se quel lontano sfoggio di ipocrisia emergerà nella memoria di uno dei due soggetti quando si rivedranno a Strasburgo.