ROMA – Roberto Saviano ancora criticato e attaccato dal senatore di Ala (Verdini) Vincenzo D’Anna:
“Ho spezzato una lancia a favore di magistrati e forze dell’ordine”.
“Non esiste un camorrista in Italia che vuole ammazzare Saviano. Se ne fregano altamente. I camorristi guardano al vantaggio, al guadagno fraudolento. Saviano non dà fastidio a nessuno. Mario Puzo quando ha scritto ‘Il Padrino’ girava con la scorta? No. Quali pericoli sono venuti alla camorra dal libro di Saviano? Nessuno, tranne forse il pericolo dell’emulazione. Quale la concreta minaccia?”.
“Quello che non mi hanno perdonato non è il libro ma il successo, il fatto che sia diventato un bestseller. Questo li ha disturbati e più la cosa diventa nota e più sono incazzati con me. Se il libro fosse rimasto confinato al paese, a Napoli, alla mia realtà locale, allora gli andava anche bene.“Anzi, i camorristi se lo regalavano tra loro, contenti che si raccontassero le loro gesta. Avevano perfino cominciato a farne delle copie taroccate da vendere per la strada e un boss aveva rimesso le mani in un capitolo riscrivendosi alcune parti che lo riguardavano. Poi però la cosa è cresciuta e questo ha iniziato a disturbarli. Perché fino ad allora non finivano mai sulla prima pagina dei giornali, neppure quando facevano massacri, e si sentivano tranquilli e riparati. Il libro ha risvegliato l’attenzione in tutta Italia e questo non mi è stato perdonato”.
“Le parole di Saviano valgono come il due di briscola, non ha titoli per essere il metro della morale di nessuno. E’ stato trasformato in un’icona. Vi rendete conto che ha detto che la Rai non doveva permettere a D’Anna di dire certe cose? Siamo alla megalomania, all’io ipertrofico. La Rai non deve ospitarmi perché non riconosco Saviano. Vi rendete conto? Io sono una persona perbene, più di Saviano. Ho detto che il Re è nudo e sono diventato un farabutto. Mi hanno messo al rogo come Giordano Bruno….“C’è una recente sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che ha accertato l’infondatezza delle minacce, che erano alla base della scorta assegnata alla senatrice Rosaria Capacchione [del Pd, altro bersaglio della invettiva di D’Anna: “Ha due carabinieri di scorta e una macchina che la porta avanti e indietro da Caserta a Roma. A spese dei contribuenti. Se non ci sono minacce a cosa serve questa scorta?”] e allo scrittore Saviano. Se quelle minacce erano false, la scorta non va più assegnata. Alfano ci deve spiegare quali altre minacce ci sono per tenere impegnati 8 carabinieri e 3 macchine di cui 2 blindate.
“La scorta costa 2-3 milioni di euro l’anno mentre abbiamo carabinieri che non possono mettere la benzina nelle auto e commissariati che non hanno Internet. Abbiamo tanta gente che fa la lotta alla camorra a 1200 euro al mese”.
“sostenendo che a Saviano si dovrebbe togliere la scorta e che con i soldi risparmiati si combatterebbe meglio la camorra. Se ragionassimo come il senatore potremmo replicare che anche i soldi delle nostre tasse potrebbero essere meglio spesi se non dovessero pagare il suo stipendio da parlamentare che ha già cambiato partito tre volte. Che l’accusa a Saviano sia strumentale e serva a fare campagna elettorale in zone dove la camorra controlla il territorio lo svela senza vergogna lo stesso D’Anna: “Da noi in Campania i voti ce li guadagniamo lottando, non stando zitti”. E lottare significa sostenere che Saviano è “un’icona farlocca” e che la protezione gli va tolta perché “è uno che ha copiato metà dell’unico libro che ha fatto”. Non si capisce quale sia il nesso tra le due cose, mentre è chiarissima l’intenzione di guadagnare consenso e popolarità denigrando chi denuncia la criminalità organizzata in un feudo elettorale dove la camorra prospera”.