Ucraina, contro i russi di Putin si prepara la resistenza che costò 85 mila morti all’Italia

di Sergio Carli
Pubblicato il 13 Marzo 2022 - 12:51 OLTRE 6 MESI FA
Ucraina, contro i russi di Putin si prepara la resistenza che costò 85 mila morti all'Italia

Ucraina, contro i russi di Putin si prepara la resistenza che costò 85 mila morti all’Italia

Guerra in Ucraina, come finirà è difficile da prevedere, quella che sembrava una passeggiata si rivela una faticosa avanzata. 

I soliti altristi si arrampicano sugli specchi della storia per giustificare l’aggressione russa. A tutti noi sembra una follia e anche un atto criminale. Tanto caos per obiettivi raggiungibili con un po’ di sforzo diplomatico? A meno che non si tratti di un assaggio per una manovra più ampia.

Ad esempio che, dopo la ignobile e vergognosa ritirata americana dall’Afghanistan, i cinesi aspettino  di vedere come va a finire per occupare Taiwan. Dicono di volerlo fare da quasi 80 anni, ma finora non ne hanno avuto il coraggio. Ma qui siamo  tornati al ’39. E si è visto cosa è successo.

Allora i nazisti avevano penetrato la famiglia reale inglese, oggi i russi hanno in mano i governi inglese e americano.

Ma nemmeno le dittature possono far finta di niente con la volontà popolare. Persino Mao fermò la Rivoluzione culturale quando capì che era troppo e i cinesi non gradivano. Figuriamoci nel mondo di oggi, nell’era di internet. Non sarà facile per Putin. E poi c’è un dettaglio legato alla storia del popolo ucraino che è un errore trascurare.

Tutti dimenticano che in questa stessa terra ucraina si celebrò la tragica, dolorosa sconfitta dell’Italia di Mussolini, non solo della Germania di Hitler. 

Non capisco perché nessuno in Italia voglia ricordarlo. Rimuovere il fascismo è un errore di prospettiva. Il fascismo non fu una malattia infantile dell’Italia post risorgimentale. Fu qualcosa di strutturale italiano. Meglio sarebbe cercare di capire perché e cos’è, la rimozione della memoria del fascismo come male assoluto può fare solo del male.

Le due Ucraina: non è gente col mandolino

L’Ucraina che ha alimentato per anni il flusso di badanti e muratori in Italia è principalmente quella all’estremo occidentale della repubblica sovietica. Nei secoli fu territorio in cui si insediarono tribù gotiche (in parte deportate dai romani nella generosa terra emiliana, il che aiuta a capire tanti stati d’animo).

Poi per secoli fu parte dell’impero asburgico. Dopo la prima guerra mondiale quella regione fu assegnata dal disastroso Woodrow Wilson alla Polonia (da Cracovia a Leopoli sono 328 km, meno che da Torino a Venezia). Nel 1939, quando invase la Polonia, Stalin inglobò quel territorio nell’Ucraina. Questo spiega il forte sentimento anti russo, alla base dei partigiani filo nazisti di Stepan Bandera. I sovietici di fidarono sempre poco di quegli ucraini. I militari arruolati dalle parti di Leopoli venivano mandati a servire in Siberia o in Afghanistan.

Poi c’è l’Ucraina della pianura

L’Ucraina della grande pianura è un po’ la madre di tutti noi, se si accetta la tesi sull’origine degli indo-europei nelle steppe orientali dell’Ucraina e della Russia. Ucraina dei Carpazi o Ucraina della steppa, né gli uni né gli altri mi sembrano gente tenera. Certo i russi disprezzano gli ucraini, loro progenitori, li considerano un popolo di contadini che Stalin sterminò a milioni (chi dice 3, chi 5, chi 12). Forse fu anche per fiaccare il loro nazionalismo. Ma quelli erano gente dei campi, anche loro sono pronti alla guerriglia urbana.

Dimenticano, purtroppo per loro, il precedente storico di cui fecero le spese i poveri italiani. Nella pianura ucraina, fra il 1941 e il 1943, si impantanò il corpo di spedizione voluto da Mussolini per partecipare al dividendo dell’invasione tedesca. Il risultato fu di 85 mila soldati italiani morti nella neve, uccisi dal freddo, dall’Armata rossa e dai partigiani. Di decine di migliaia di nostri militari si sono perse le tracce, migliaia di famiglie, tra cui la mia, hanno pianto per anni i loro cari senza sapere che fine avessero fatto.

Un’epopea che a nessuno fa comodo ricordare (a sinistra), a nessuno fece comodo cavalcare (la Dc in piena guerra fredda), a destra ci provarono, poi si arresero, il tempo aveva cancellato la memoria anche per loro.

Trovate il libro sulla ritirata di Russia (editore Mursia) scritto da Egisto Corradi, uno dei più grande giornalisti italiani di sempre. Vi aiuterà a capire. 

Per noi in Italia nel dopoguerra, quelli erano russi. Oggi precisiamo che erano ucraini: quegli stessi ucraini che si apprestano a trasformare la loro terra in un Vietnam per i russi. 

Per un ultimo dettaglio storico, merita ricordare che ai russi la Crimea non ha mai portati firtuna. Fu attorno alla Crimea che a metà ‘800 si combattè la guerra che tutti abbiamo studiato a scuola, Francia, Austria e Inghilterra in soccorso della Turchia ottomana, con la partecipazione straordinaria dei bersaglieri di Lamarmora e Cavour. Finì male per i russi. Ma forse nelle scuole sovietiche del dopo Stalin non si studiava.