Vaccino, Italia ultima. Se il prototipo di manager che piace a Conte è Arcuri, quali criteri per il Recovery Fund?

di Marco Benedetto
Pubblicato il 13 Dicembre 2020 - 08:17 OLTRE 6 MESI FA
Vaccino, Italia ultima. Se il prototipo di manager che piace a Conte è Arcuri, quali criteri per il Recovery Fund? Nella foto Dmenico Arcuri, il modello di manager che piace a Conte

Il commissario per l’emergenza, Domenico Arcuri, in conferenza stampa a Roma, 05 novembre 2020. ANSA/ANGELO CARCONI

Vaccino, perché l’Italia arriva ultima fra tutte le grandi nazioni del mondo? E perché Renzi ha ragione a non fidarsi di esperti e manager di Conte per la gestione del Recovery Fund? Le sue motivazioni non sono limpide. Nè lui ha a cuore la qualità del personale. Uno che ha messo a capo del Legislativo di Palazzo Chigi una vigilessa urbana non ha molto titolo. Però, pur non volendo, ha ragione.

Italia ultima fra i grandi nella corsa al vaccino, Acuri nega ma la colpa è solo sua o della sua struttura burocratica ritardataria.

Ecco perché in questo caso almeno Matteo Renzi vede bene. Come si fa a fidarsi al buio dei sei manager e dei 300 tecnici o esperti cui Conte vorrebbe affidare le scelte relative alla gestione dei 209 miliardi del Recovery Fund. Già non si capisce bene come Conte o i suoi fidati pensino di spendere quei soldi. Se poi il livello di capacità organizzativa e gestionale dispiegato dalla struttura del Commissario al Covid (Domenico Arcuri) o di quanti sono riconducibili al Ministero dell’Innovazione (Paola Pisano), c’è poco da sperare.

Arcuri deve piacere molto a Conte, se gli ha affidato, in accumulo di cariche, anche la via crucis della ex Ilva. Eppure la prova che sta dando nella lotta al coronavirus non è esaltante.

Il ritardo dell’Italia nella vaccinazione di massa è sotto gli occhi di tutti. Mentre gli inglesi hanno cominciato l’8 dicembre, gli americani in questi giorni, in Italia si dovrebbe iniziare a metà gennaio. Speranza ha anticipate alla Epifania la data della prima iniezione. Locatelli ha promesso che entro l’estate potenzialmente saremo tutti vaccinati. Ma i dubbi che ciò avvenga nei tempi promessi sono molti.

Perché dubito?

  • Non ci sono gli aghi. Il bando per la fornitura degli aghi è scaduto la sera del 9 dicembre. Quanto tempo ci vorrà per decidere? Quanto tempo di vorrà per approntare le linee di produzione per una produzione di massa, visto che non sembra ci sia capacità produttiva disponibile?
  • Ma non c’è nemmeno il cloruro di sodio per diluire il vaccino. Ricavo dal sito del Commissario Covid che sono scaduti solo il 4 dicembre i termini per la “Richiesta di offerta aperta, di massima urgenza, per l’affidamento della fornitura e consegna di sodio cloruro 0,9% in fiale da 2ml per la diluizione del vaccino Covid-19”.
  • Nè, tampoco, c’è il personale per somministrare il vaccino a milioni di persone. C’è un piano per assumere 16 mila fra medici e infermieri. Ma finora è un piano, di cui Arcuri discute con le Regioni. Siamo al 10 dicembre, fra 2 settimane è Natale. Nella mia memoria che spazia su tre quarti di secolo nulla in Italia si è mosso fra il 23 dicembre e la Befana. La Befana è il 6 gennaio, mercoledì. In teoria ci sono 9 giorni, di cui un week end, per il 15 deadline di Arcuri.

Arcuri nega l’evidenza sul vaccino

Arcuri dice e giura, sapendo di spergiurare:

“Smentisco che ci sarà qualcuno che vaccinerà prima e qualche altro dopo”.

Nota Alessandro Farruggia su Quotidiano.net:

“Affermazione che contrasta col calendario fornito fino a oggi dallo stesso Arcuri e dal fatto che Germania, Belgio e Francia inizieranno al massimo entro il 7 gennaio, ma forse già il 4. “Le fiale del vaccino – osserva un portavoce della filiale italiana di Pfizer – sono già state prodotte e sono pronte nel nostro stabilimento in Belgio. Dopo l’approvazione dell’Ema attenderemo la richiesta formale del ministero della Salute e da quel momento consegneremo nel giro di tre giorni con aerei e mezzi terrestri, direttamente al centro vaccinale”.

Il comitato Colao

Andiamo oltre lo specifico del vaccino per entrare nel territorio dei tecnici & esperti. C’è il precedente del ridondante comitato di tecnici guidato da Londra da Vittorio Colao, istituito da Conte a primavera. Finì quasi in rissa e risultò, se ci foss stato bisogno di conferma, un esercizio inutile.

Se è per questo, nessuno può dimenticare gli ancora più inutili stati generali di Conte 

Quel che a me personalmente sfugge è la logica di queste mosse. Chi le suggerisce? Presumo qualcuno dello inner staff di Conte. O qualche brillante funzionario ministeriale in cerca di gloria. Mi viene un attacco di bile se penso alla guerra a taxi, farmacie e notai. Alle biciclette che sfrecciano sui marciapiedi e contromano. Ai monopattini. E anche all’inutile sito di Monti in cui gli italiani avrebbero dovuto distillare le loro idee di risparmio. O, se è per questo, alle vane e inutili spending review.

Qualcuno propone, Conte o chi per lui dispone

Il nodo è nella scelta delle persone. Chi propone? Chi decide? Chi sceglie? Nelle aziende è in gran voga appoggiarsi ai cosiddetti cacciatori di teste. In 40 anni di esperienza diretta e per fortuna molto limitata, sono state sempre conclusioni negative. Con che criteri sono stati scelti Colao e i suoi consulenti? Nessuno ce lo ha mai detto, alla faccia della trasparenza. Sono convinto che almeno una componente del Comitato, persona di grande valore, professoressa in America, sia stata inserita perché aveva criticato il Governo su una autorevole rivista di management. Mossa astuta ma estemporanea.

Con che criteri sono scelti i 300 in partenza non per Sapri ma per la guerra al covid? 300, giovani e forti, con una importante quota rosa, presumo. Speriamo che non facciano la stessa fine che la pigolatrice piange.

Chi fa la lista? Chi fa la selezione? 300 persone sono una azienda di una certa dimensione. Dubito che Conte si studi curriculum e dossier. Qualcuno lo farà per lui. Chi, seguendo quali criteri, con quali obiettivi? Questo dovrebbero chiedere i partiti e il Parlamento, non la spartizione del bottino. Probabilmente pochi di loro capiscono la portata di queste domande. La politica rigenera se stessa. Prima pensa a alimentarsi, come qualsiasi creatura vivente. Ma proprio su questa grande negligenza insiste il grande male che divora l’Italia.

Le ragioni per cui Conte vuole tenere il pallino in mano nella gestione del Recovery Fund sono anche giuste. E più che condivisibili. Ciascuno di noi, al suo posto, cercherebbe di fare lo stesso. Ma se il criterio è l’obbedienza al Primo Ministro. O ai mandanti che glieli hanno segnalati. Allora il risultato pessimo è garantito.