Vespa a Brunetta: “Non mi chiami onorevole”. Nel ’92 finì male…

Vespa a Brunetta: "Non mi chiami onorevole". Nel '92 finì male...
Vespa a Brunetta: “Non mi chiami onorevole”. Nel ’92 finì male…

ROMA – Vespa a Brunetta: “Non mi chiami onorevole”. Nel ’92 finì male… Certo ridurre al silenzio in trasmissione un Brunetta in vena è impresa complicata: e infatti il fuori-audio con cui Bruno Vespa ha cercato di zittirlo mentre interrompeva il collegamento da Londra durante Porta a Porta (lite furibonda, “scazzo” in piena regola) è diventato virale, come si dice. Ma c’è una parolina che più di tutte ha fatto imbestialire il noto conduttore, un po’ come parlare della corda in casa dell’impiccato. “Onorevole” lo ha chiamato Brunetta, non si doveva permettere. “Ci hanno già provato, e non gli è andata bene”, sbotta sibillino Vespa.

Non vuol farsi intruppare tra le schiere degli odiati politici, magari in omaggio al nuovo vento grillino? Niente di tutto questo: sono piuttosto le intermittenze della memoria a scaldare il solitamente compassato Vespa (curiale è l’aggettivo che ricorre più spesso). L’ultimo a chiamarlo “onorevole” fu un inviperito Giorgio La Malfa durante un’altra no-stop elettorale, il 6 aprile del ’92, gli ultimi giorni della prima repubblica in attesa di essere cancellata da Mani Pulite.

A farla breve: i repubblicani di La Malfa sono andati benino (sempre il 2%), ma il segretario ha ancora il dente avvelenato per il poco spazio riservato al suo partito dalla Rai. Impreca e denuncia lo scandalo della lottizzazione, poi annuncia “all’onorevole Vespa” che anche per lui è finita, come Forlani “se ne deve andare”.

Chi, Vespa? Due giorni dopo Vespa prova a giustificare la rissa in diretta, prova a difendere se stesso. Gli scappa però la frizione, spiega che tutti lottizzano e sono lottizzati, e fin qui… Poi scrive: “Se l’editore della Rai è il Parlamento, l’editore di riferimento per questo telegiornale, secondo gli accordi tra gli azionisti, è la Democrazia Cristiana”.

“Editore di riferimento” diventerà una locuzione quasi proverbiale, summa e sintomo di un’intera stagione di rapporti fra tv e politica. Caduto effettivamente Forlani, Vespa deve cedere la poltrona del Tg1: fu cacciato, come predisse La Malfa. Tornò, però, più forte e curiale che pria: dal ’96 Porta a Porta comincia le sue trasmissioni. Finirà per essere chiamato la terza Camera.

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