Via della Seta, scoperto il baco che porterà i cinesi in Europa: comprano Bot italiani

di Sergio Carli
Pubblicato il 16 Marzo 2019 - 10:33| Aggiornato il 12 Settembre 2019 OLTRE 6 MESI FA

Via della Seta, scoperto il baco che porterà i cinesi in Europa: comprano Bot italiani. Nella foto: Giuseppe Conte e Donald Trump amichevole avvertimento…

di Sergio Carli

Via della Seta, l’Italia vende un bel po’ di bot ai cinesi. Ecco perché gli americani sono in allarme. Mentre restano le preoccupazioni di tipo strategico militare in vista della terza guerra mondiale, una nuova rivelazione del giornale inglese Financial Times svela un retroscena della trattativa tra l’Italia e la Cina: 

“Dietro le pressioni degli Stati Uniti contro la firma del Memorandum sulla Via della Seta ci sarebbero le richieste di aiuto avanzate dal vicepremier grillino nelle sue due visite a Pechino”

spiega Repubblica. E il Sole 24 incalza: l’Italia starebbe per accendere

“prestiti presso la Asian Infrastructure Investment Bank (Aiib, la banca per lo sviluppo delle infrastrutture in Asia con sede Beijing promosso da Pechino in contrapposizione a Fmi e Banca mondiale)”.

Queste poche righe richiedono una serie di commenti:

1. I cinesi sono stati i più bravi di tutti i paesi comunisti, ex comunisti, del terzo mondo ecc. a non cadere nelle grinfie della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, strumenti di controllo dell’economia mondiale in mano agli Usa e a quelle forze un po’ meno trasparenti (ammesso che ce ne siano) delle istituzioni democratiche americane.

Così mentre i russi hanno sciolto l’Unione Sovietica, dichiarato finito il comunismo e aperto la loro economia alla rapina, i cinesi hanno tenuto ferma la presa del Partito Comunista sul loro immenso Paese (a oggi più di 1,3 miliardi di abitanti), hanno messo in modo la formidabile macchina delle 4 modernizzazioni (agricultura, industria, difesa nazionale, scienza e tecnologia) e si sono posizionati come la nuova emergente superpotenza mondiale.

Con la Russia dipendente dal petrolio, ridotta a una specie di Arabia Saudita delle steppe: il Giappone a livello dell’Italia; l’Europa frantumata dagli sforzi congiunti dei nazionalismi europei (la stronzaggine di francesi, inglesi e tedeschi fa impallidire qualsiasi pecoreccio sovranista de noantri) la Cina è stata in grado, negli ultimi 40 anni, di gestire la distribuzione delle sue risorse fra i vari capitoli di spesa, senza rotture di scatole da sinistra, posizione saldamente occupata dallo stesso partito unico.

C’è ancora chi ripete ghignando la reazione esterrefatta di quel giornalista italiano di sinistra che arrivato a Shanghai chiese, tutto eccitato, alla guida, come la mettevano con gli scioperi, avendo questa risposta: “Ma gli scioperi sono fuori legge”.

Liberi dal giogo americano i cinesi e da quello tedesco (che soffoca l’Europa) gli americani, che se la cantano e se la suonano, Cina e Urss hanno sfidato, vincendo, la crisi del 2008 e ora litigano per il dominio del mondo. Siamo alle prime battute: un’isola nel Pacifico, un po’ di barriera corallina, Hong Kong intanto è tornata a casa, Taiwan-Formosa tornerà, la Corea va bene così. 

Intanto gli europei, come i polli di Renzo…E l’Italia, ventre molle da mille e più anni in qua…

2. Gli americani sono indebitati con i cinesi per 1,2 miliardi di dollari su un totale di oltre 21. Negli anni passati ci furono anche polemiche su possibili inconfessabili legami fra i Clinton e finanzieri cinesi. 

3. Tutti gli europei, nell’ultimo quarto di secolo hanno fatto la corte ai cinesi, i tedeschi in prima fila. C’è chi ricorda ancora la disperazione del povero ambasciatore italiano a Pechino, che vedeva sfilare alle porte della Città Proibita il primo ministro tedesco per ben tre volte in pochi mesi, tante volte quante Berlusconi, impegnato nei misteri del bunga bunga, aveva annullato il suo viaggio.

Poi sono venuti Prodi e Gentiloni (Renzi ha comprato l’aereo nuovo ma non l’ha mai usato perché non poteva atterrare a Firenze) e hanno fatto progressi nei contatti. D’altra parte, se uno ha una minima idea dei tempi della diplomazia, che non sono molto diversi da quelli della burocrazia per una licenza edilizia o commerciale, si rende benissimo conto che un accordo come quello sulla Nuova Via della Seta non si costruisce in un anno.

4. Ed ecco che arrivano al Governo la Lega, impigliata nella rete della decrescita felice marcata Movimento 5 stelle. Quando costoro si sono presentati a Palazzo Chigi, strizzati fra gli elettori del Nord che volevano azione e i meridionali che volevano sussidi senza contropartite (No Tap, No Tav, Ilva per dire qualche esempio), hanno radunato un po’ di funzionari ministeriali e hanno fatto l’inventario dei progetti che si potevano cavalcare subito.

Niente di nuovo, peraltro. Così è avvenuto sempre. Pensate alle sciocchezze su farmacie e notai, ordini professionali e ciclisti, dalla cui rivoluzione sembrava dipendesse il futuro dell’Italia, ai tempi di Bersani e Monti e Letta e inquadrerete il fenomeno. Di Maio ci ha messo in più l’abolizione della laurea, per compiacere, come l’ultimo re di Napoli, i suoi lazzaroni.

La trattativa con la Cina, avviata da qualche Governo precedente, era una occasione troppo ghiotta. Soldi freschi, praticamente gratis, senza dovere passare dalle forche caudine del rating, delle banche d’affari, delle aste dei titoli di Stato. Chi di noi avrebbe reagito diversamente?

5. Purtroppo però i nostri attuali governanti non leggono l’inglese o chi gli fa la rassegna stampa è inadeguato o non hanno tempo di leggere. Risultato: non si sono resi conto che negli ultimi mesi il quadro politico e strategico internazionale era cambiato, che il presidente Donald Trump interpreta le istanze, forse esagerate, forse degne del mitico dottor Stranamore, ma che in ogni caso nel mondo ci sono tanti segnali di guerra: guerra commerciale e di dazi, per ora, ma per gli americani che contendono ai cinesi un atollo nel Pacifico, l’idea che i porti di Trieste o Genova siano controllati dal potenziale avversario di una guerra guerreggiata non è certo un’idea che possa garbare.

Certo, i cinesi hanno anche il Pireo. Ma la storia degli ultimi mille anni insegna che dal Pireo l’accesso all’Europa del Nord è molto meno facile che da Trieste, per secoli porta dell’Austria e da lì della Germania; e meno facile che da Genova, per mille anni almeno porta privilegiata di accesso a Francia e Nord Ovest dell’Europa.

I cinesi, che hanno cancellato ogni traccia di Rivoluzione Culturale appena morto Mao, 40 e più anni fa, lasciando a noi il piacere dei suoi postumi, hanno studiato bene la storia del mondo, cosa che c’è da temere la nuova classe politica italiana, figlia del ’68 e di una Rivoluzione Culturale casereccia ma ancor più devastante e pervasiva per la inconsistenza della nostra classe dirigente, queste cose le sanno bene.

E anche gli americani, nonostante tutti gli sforzi anche da loro per demolire il sistema educativo.

Questa lunga premessa permette di inquadrare le rivelazioni del Financial Times e le due diverse interpretazioni che ne danno Repubblica e il Sole 24 Ore.

Avverte Claudio Tito su Repubblica:

“Le perplessità della Casa Bianca, confermate nel colloquio che il Ministro degli Esteri Enzo Moavero ha avuto con l’ambasciatore statunitense a Roma, Lewis Eisenberg, presentano una serie di sfaccettature. Una delle quali riguarda certamente la sicurezza nelle telecomunicazioni. Ossia l’ormai famoso caso Huawei. 

“Eppure il nodo del nostro debito sovrano ha assunto un ruolo particolare nelle trattative e nelle proteste che dagli Stati Uniti sono atterrate sul suolo italiano. 

Lo sviluppo verso est del nostro export viene del resto considerato cruciale e ineludibile da tempo. Ma l’allarme americano è scattato quando in quei dialoghi è stato sollevato un altro argomento: il debito sovrano”.

Seguono alcuni capoversi che hanno un sapore di esagerato allarmismo:

“Acquisire il controllo di una quantità consistente di debito pubblico italiano equivale infatti a porre sotto il controllo cinese il destino economico dell’Italia. A consegnare le chiavi di uno dei Paesi con il più alto debito pubblico del mondo a Xi Jinping. E di conseguenza affidare all’Impero Celeste una sorta di golden share sull’Unione europea. Al di là del disinteresse per la Ue, Donald Trump non può nemmeno accettare che il Vecchio Continente possa diventare una sorta di protettorato finanziario della Cina. Allargherebbe oltre misura la sua sfera di influenza e la capacità di determinare le sorti mondiali

“Non è un caso che anche Bruxelles in questi giorni abbia protestato contro le scelte di Roma. Controllare il bilancio del terzo paese dell’Unione è come avere un fiches senza limiti da giocare ogni volta che serve e ogni volta che necessita disarticolazione di quell’area. Anche per i cinesi, del resto, è più facile negoziare con i singoli membri europei piuttosto che con l’Ue, soprattutto se al suo interno c’è un socio forte come la Germania”.

Come esposto sopra, gli americani hanno poco da criticare, vista la loro quota di indebitamento con i cinesi.

E poi, quanti dei 2.358 miliardi di euro, cui ammontava a gennaio 2019 il debito pubblico italiano, i cinesi potrebbero accollarsi? 

Ogni anno l’Italia emette nuovi titoli di debito per 400 miliardi, per rimpiazzare quelli scaduti Se alla prossima asta i cinesi buttassero sul tavolo quella cifra, il valore dei nostri titoli schiezzebbe alle stelle, goga mi goga, meglio di un pozzo di petrolio, altro che No Trivelle. Ma sembra un po’ inverosimile.

Vittorio Nuti, sul Sole 24 Ore, la spiega meglio. La tesi è che l’acquisto di debito italiano da parte dei cinesi sia il cavallo di Troia che permette ai cinesi di aggirare le norme europee. Un cavallo di Troia nel cavallo di Troia della via della Seta. Trattandosi di seta, più che di un cavallo, sarebbe il caso di dire: verme, baco o cavillo. Scrive Nuti:

“Secondo il Ft, il potenziale coinvolgimento dell’Aiib potrebbe essere la conferma degli sforzi italiani per dissipare i timori della Commissione Ue sull’apertura italiana al collegamento commerciale e infrastrutturale con l’Asia e la Cina rendendo il memorandum d’intesa conforme alle norme europee in materia.

“Questo perché l’Aiib opererebbe in linea con gli standard internazionali, inclusi gli appalti competitivi e gli studi sull’impatto ambientale, che sono richiesti all’interno dell’Ue.

“Il potenziale coinvolgimento dell’Aiib nella “Belt and Road Initiative” in Italia «è un punto di svolta», riconosce un diplomatico Ue a Bruxelles citato dal Ft: «Senza il coinvolgimento dell’Aiib nel prestito ai progetti, sarebbe difficile» per la “Nuova Via della Seta” approdare «in uno Stato chiave dell’Unione europea».

“Da giorni il memorandum – che dovrebbe essere sottoscritto dal presidente cinese Xi Jinping durante la sua visita in Italia prevista dal 21 al 23 marzo – agita la maggioranza, divisa tra i pentastellati, favorevoli, e la Lega, molto più cauta sulle conseguenze di un’apertura commerciale malvista da Usa e Unione europea”.

Le polemiche comunque sembrano superate. “Fonti di Palazzo Chigi” hanno annunciato che “il memorandum d’intesa tra Italia e Cina non è in discussione”. E che il Governo è

“compatto sulla volontà di firmare questo documento, frutto di una negoziazione durata svariati mesi, che non è giuridicamente vincolante. Si tratta di un memorandum che contiene richiami ai principi e agli standard europei in materia di sostenibilità finanziaria, economica ed ambientale”.

Nella Lega, però, sottolinea Vittorio Nuti,

“le perplessità restano, in particolare sui dossier strategici: “La sicurezza nazionale viene prima di tutto e quindi su alcuni settori strategici per noi e per gli alleati (telecomunicazioni, energia, porti e infrastrutture) stiamo facendo tutte le verifiche e le valutazioni necessarie: prima viene la sicurezza degli Italiani, poi l’interesse economico”.

Prima gli italiani. E in questo caso è difficile dar loro torto.