“La scelta di Catia – 80 miglia a sud di Lampedusa”: il docuweb che racconta Mare Nostrum

di Redazione Blitz
Pubblicato il 24 Settembre 2014 - 15:01 OLTRE 6 MESI FA
"La scelta di Catia - 80 miglia a sud di Lampedusa": il docuweb che racconta Mare Nostrum

“La scelta di Catia – 80 miglia a sud di Lampedusa”: il docuweb che racconta Mare Nostrum

LAMPEDUSA – Un docuweb che racconta Mare Nostrum, l’operazione di salvataggio dei migranti organizzata e gestita interamente dall’Italia, dal titolo “La scelta di Catia – 80 miglia a sud di Lampedusa” partirà sul Corriere.it da lunedì 29 settembre. In dieci  puntate trasmesse dal lunedì al venerdì, verranno raccontate le missioni di soccorso con gli occhi di Catia Pellegrino, 38 anni, la prima donna rimasta al comando di una nave della Marina militare italiana per più di un anno. La nave è la Libra che ha operato nel Canale di Sicilia con il compito di soccorrere i migranti partiti dalla Libia con lo scopo di raggiungere l’Italia.

Il documentario verrà trasmesso anche in prima serata la sera del 6 ottobre su Rai Tre. Il Corriere pubblica una clic in anteprima che Blitz Quotidiano vi ripropone. Scrive Marco Imarisio:

“Appena sotto il filo dell’acqua passa un cadavere, quasi nudo, il mare gli ha portato via anche i vestiti, e dalle immagini non si capisce bene se è un uomo o una donna. Subito dopo si vede il ragazzo che urla, non vuole lasciarlo andare, si aggrappa come fosse una zattera a quel corpo che per noi rappresenta solo morte, con il gonfiore e il bianco malato che rendono terribile la visione di un essere umano annegato. Ma per lui, per quel ragazzo, dev’essere stato vita, carne e sangue, forse un padre, forse una madre. I militari gli gridano di staccarsi, ma lui niente, e allora gli prendono le braccia, lo trascinano verso la motovedetta che significa salvezza,e c’è un momento dove fuori campo si sentono le urla sempre più disperate del ragazzo mentre in un angolo dello schermo quel povero corpo scivola via, scompare, verso il fondo. Ci sono immagini cariche di un dolore quasi insostenibile, che però è necessario vedere. Certe volte dovrebbe essere proibito girarsi dall’altra parte. Lo sconvolgente filmato che oggi vedrete sul sito del Corriere della Sera fa parte di quei documenti che non fanno sconti, esigono il pagamento di un prezzo emotivo. L’allarme venne lanciato da un profugo che si trovava a bordo del barcone e utilizzava il telefono satellitare dello scafista”.

“Primo pomeriggio dell’undici ottobre 2013, quel mese terribile. Solo otto giorni prima una carretta del mare stracarica di migranti libici si era capovolta ad appena mezzo miglio dall’imbocco del porto di Lampedusa. Aveva girato su se stessa per tre volte, e si era inabissata. Quel 3 ottobre, era un giovedì, vennero ripescati 194 corpi, e il dato, già abnorme di suo, era solo parziale. Proprio l’undici ottobre la Marina militare fornì il bilancio definitivo, 366 morti accertati, altri venti presunti. Una delle più grandi tragedie nella storia millenaria del Mediterraneo. Siamo abituati allo stillicidio di notizie che arrivano da quell’isola bella e disgraziata in mezzo al mare, ma un’ecatombe del genere non si era mai vista, non poteva e non doveva succedere di nuovo. E invece accadde ancora,proprio quel giorno, a distanza di una settimana appena. Morirono altre 240 persone partite dalla Siria. Cominciamo dall’alto, e da lontano. Agli occhi della giovane tenente di vascello Catia Pellegrino, comandante della nave Libra della Marina militare, la scena si presenta come la vedrete voi, una distesa illuminata dal sole calante dalla quale provengono voci, urla indistinte”.

“Ad aguzzare la vista si distinguono piccoli gruppi di persone che alzano le mani dall’acqua per attirare l’attenzione. A questa distanza non si capisce bene, non si colgono le dimensioni del disastro e dell’operazione di soccorso che sta per cominciare, che deve cominciare, ogni minuto perso significa al momento dell’arrivo sul posto uno di quei puntini all’orizzonte non ci sarà più. Da vicino è diverso, molto diverso. Da vicino è qualcosa che non si può spiegare con le parole. E lo sappiamo che quelle scene le abbiamo raccontate tante volte sui nostri giornali, ma sempre attraverso il filtro dei testimoni, con le parole degli altri. Adesso le potete vedere per la prima volta, adesso possiamo capire cosa c’è dietro il titolo «Tragedia in mare, si ribalta gommone al largo delle coste italiane», così frequente e ripetuto da diventare facile pretesto per rifugiarsi nell’indifferenza dell’ineluttabile. Non sono le immagini dei corpi adagiati sul fondale a comporre un cimitero sotto al mare, anch’esse tremende ma in qualche modo definitive. Questo filmato fa entrare in un zona dove la vita e la morte sono vicinissime, come spiega uno dei soccorritori. L’elicotterista quasi supplica, fate in fretta, fate in fretta. Ci sono i bambini che non vogliono lasciare il corpo ormai inerte dei genitori, le donne che non urlano per farsi issare a bordo, urlano di disperazione perché accanto ci sono i loro bambini che ormai non sollevano più la testa. E poi, anche a costo di sfidare la retorica: ci sono le donne e gli uomini della nostra Marina militare. Gente con facce, vita e famiglie come le nostre. Costretti a immergersi per raccogliere i corpi di quei bambini e poi abbandonarli nuovamente in acqua, perché sulla motovedetta non c’è spazio sufficiente per i vivi e per i morti, bisogna fare una scelta. Come quella, molto più facile, di mettersi davanti a uno schermo. E guardare. Tutto, senza distogliere mai lo sguardo. Per capire, una volta per tutte”.