Strage Orlando, Omar Mateen al telefono: “Sono un soldato islamico”

di redazione Blitz
Pubblicato il 21 Giugno 2016 - 11:36 OLTRE 6 MESI FA
Strage Orlando, Omar Mateen al telefono: "Sono un soldato islamico"

Strage Orlando, Omar Mateen al telefono: “Sono un soldato islamico”

ORLANDO –  Attentato al locale gay Pulse di Orlando, ecco le trascrizioni delle ultime telefonate del killer Omar Mateen: “Sono un soldato islamico”. Il contenuto di quelle conversazioni è stato diffuso dalla polizia americana in questi giorni, pubblicato da alcuni media americani e ripreso in Italia da Guido Olimpio del Corriere della Sera.

Inizialmente dai verbali di quella notte erano stati censurati i riferimenti al cosiddetto Stato Islamico perché si temeva di fare il gioco dei terroristi. Ma alla fine, dopo molte proteste (soprattutto da parte repubblicana), sono stati diffuse le trascrizioni integrali, quasi mezz’ora di conversazioni, da cui emerge il profilo di un killer calmo e freddo che subito rivendica un legame con Isis e il suo leader Abu Bakr Al Baghdadi. Nessuna parola contro i gay, vittime del locale che lo stesso Mateen frequentava. Ecco i testi delle telefonate.

Il Primo colloquio
Quelle che seguono sono le comunicazioni radio e i contatti telefonici di quella notte.
2:02: segnalazione di molti spari al locale Pulse.
2:04: sulla scena arrivano altre pattuglie.
2:08: agenti di diversi reparti entrano nel locale e ingaggiano un conflitto a fuoco con lo sparatore.
2:18: mobilitato il Swat Team, le teste di cuoio.
2:35: lo sparatore chiama il 911 (centralino della polizia, ndr) dall’interno, resta al telefono per circa 50 secondi.

Centralino: 911, questa chiamata sarà registrata.
Mateen: «In nome di Dio misericordioso, (in arabo)».
Centralino: Cosa?
Mateen:«Lode a Dio, che le preghiere e la pace siano con il Profeta di Dio. Voglio informarvi, io sono a Orlando e ho compiuto la sparatoria».
Centralino: Qual è il suo nome?
Mateen: «Il mio nome è che dichiaro fedeltà a Abu Bakr al Baghdadi dello Stato Islamico»
Centralino: Ok, qual è il suo nome?
Mateen: «Dichiaro fedeltà a Abu Bakr al Baghdadi, possa Dio proteggerlo (in arabo), in nome dello Stato Islamico».
Centralino: Ok, dove si trova?
Mateen: «A Orlando».
Centrale: Dove a Orlando?

Il negoziatore
Poco dopo Omar ha tre nuovi contatti con un team di negoziatori arrivato all’esterno del locale.
2:48: prima conversazione di 9 minuti.
3:03: seconda conversazione di 16 minuti circa.
3:24: terza conversazione di appena 3 minuti.
È in questa fase che Mateen si definisce un mujahed, ribadisce che sta agendo per conto dell’Isis e dice che gli Usa devono fermare i raid in Siria e Iraq: «È per questo che sono qui». Un funzionario gli chiede cosa abbia fatto, lui replica «lo sapete già», quindi avverte che «all’esterno ci sono alcune auto con delle bombe, sappiatelo… Sono pronto a innescarle se cercate di fare qualcosa di stupido». È un bluff, per tenere sulla corda le forze speciali e rallentare un blitz. Omar continua sostenendo che indossa una fascia esplosiva come quelle «impiegate in Francia», un riferimento al Bataclan. Prima di chiudere, l’ultima minaccia: «Nei prossimi giorni vedrete molte azioni come questa».

L’epilogo
La polizia cerca invano di chiamarlo, Mateen non risponde più.
4:21: le unità scelte rimuovono un condizionatore d’aria e riescono a far uscire alcune persone.
4:29: alcuni degli scampati, appena usciti, dicono che il killer sta per piazzare degli ordigni su quattro ostaggi entro 15 minuti.
5:02: il Swat team e una squadra anti-bomba aprono, con difficoltà, una breccia nel muro del night club, prima provano con cariche esplosive, quindi con un mezzo blindato usato come ariete.
5:14: il responsabile delle comunicazioni segnala che sono stati esplosi dei colpi all’interno del Pulse, è l’epilogo dell’azione.
5:14: il commando affronta il sospetto e lo neutralizza.

Sono ormai trascorse tre ore da quanto Mateen ha fatto irruzione nel locale. Per questo adesso, dopo che le vittime sono state piante, ci si chiede se la polizia non abbia atteso troppo ad intervenire, anche se temeva che il terrorista potesse avere davvero minato il club.