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Agorà, film sulla vita della martire pagana Ipazia, nelle sale di mezzo mondo. E in Italia?

di Emiliano Condò |21 Aprile 2010 17:39

Rachel Weisz

Scienza e fede, difesa delle idee e sfida all’autorità religiosa: la figura di Ipazia, martire pagana del V secolo, non smette di scuotere le coscienze e forse continua ad imbarazzare la Chiesa di oggi.

“Agorà”, ultima fatica cinematografica dello spagnolo Alejandro Amenabar, autore di film come “The Others” e “Mare Dentro” è dedicato proprio a Ipazia, una donna di rara intelligenza e coraggio.

Le critiche sono state positive e la pellicola è pronta a sbarcare nelle sale di quasi tutto il mondo. Quasi. Perché in Italia “Agorà” rischiamo di non vederlo mai. Poco importa che la protagonista sia morta da 1600 anni: Ipazia disturba ancora.

Agorà, infatti, racconta la storia della matematica alessandrina, che è divenuta nei secoli simbolo della lotta dell’oscurantismo religioso.  Sull’uccisione di Ipazia esistono diverse versioni: una delle più accreditate fu che il suo omicidio venne commissionato dal vescovo Cirillo, evangelizzatore e inventore dell’alfabeto cirillico, in seguito santificato dalla Chiesa di Roma.

Nel lavoro di Amenabar, che già si era fatto qualche nemico tra i cattolici per Mare Dentro in cui trattava il tema dell’eutanasia, il ruolo di Ipazia è affidato a Rachel Weisz, già oscar per The Constant Gardener.

In ogni caso, mentre il film si appresta a debuttare in Francia, Usa e Israele, in Italia tutto tace. Nessuno si è preso la briga di comprare i diritti. E sul web, la mancata distribuzione è già un caso. Sul social network Facebook, per esempio, esiste una petizione per vedere Agorà. Tra i firmatari anche il matematico Piergiorgio Odifreddi: «La figura di Ipazia è esemplare. Era una matematica, donna di grande cultura, la sua fu la prima battaglia tra scienza e fede. La perse, divenne prima martire della scienza per mano di uomini mandati dal vescovo di Alessandria, Cirillo. Sono trascorsi milleseicento anni ma siamo ancora allo stesso punto».

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