Arriva al cinema “Tatanka” di Giuseppe Gagliardi: quando Gomorra va sul ring

Pubblicato il 5 Maggio 2011 - 11:30 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Lo chiamano Tatanka (per gli indiani d’America, bisonte) perché è uno di quei pugili che va avanti a testa bassa senza paura dei pugni. Insomma un vero duro proprio come come il campione di boxe Clemente Russo più che bravo protagonista del film di Giuseppe Gagliardi, Tatanka, ispirato a un racconto tratto da un libro di Roberto Saviano (La bellezza e l’inferno, Mondadori).

Il film che sarà nelle sale dal 6 maggio distribuito da Bolero in 189 copie (38 solo in Campania) è, specie nella prima parte, una sorta di Gomorra in salsa pugilato. Protagonista, appunto, Russo campione del mondo dilettanti nel 2007 a Chicago che nel film interpreta Michele, un ragazzo di Marcianise anche troppo tentato di fare i soldi facili. Nato e cresciuto nei feudi della camorra, il ragazzo abilissimo nella boxe si ritroverà così prima in galera, poi a Berlino a praticare la boxe nell’inferno dei ring clandestini fino al suo riscatto finale del tutto inaspettato.

”La cosa straordinaria di questi campioni di pugilato – ha spiegato ieri in conferenza stampa Gagliardi (al suo secondo film dopo ‘La vera leggenda Tony Vilar’) – è che nel ring sono dei veri leoni, ma sul set diventano degli agnelli però abituati alla fatica, quindi capaci di lavorare per ore e ore”. Il disinvolto eclettico Clemente Russo (a ottobre inaugurerà una linea jeans ‘Tatanka’), spiega invece “Che è un film con un messaggio sicuramente positivo. Quando torno a Marcianise mi ritrovo circondato da ragazzini che mi dicono:’ Io voglio diventare come te’. Io rispondo, ‘devi diventare meglio di me, perché io sono arrivato alle Olimpiadi di Pechino solo secondo'”.

Comunque per questo film il campione di boxe ha pagato un caro prezzo, è stato sospeso per sei mesi dalla polizia di Stato che non ha visto di buon grado la sceneggiatura del film. Motivo di questa sospensione? Molto probabilmente una scena molto forte in cui un piccolo delinquente della periferia di Caserta viene torturato dalla polizia fino alla sua morte per soffocamento. ”Quella scena – ha spiegato il regista in conferenza stampa a Roma – in realtà è una cosa avvenuta davvero, non in Campania, ma in Sicilia. Ovvero è il caso di Salvatore Marino (un fatto di cronaca che risale all’ottobre del 1985 a Palermo). Era però una scena – ha continuato Gagliardi – secondo noi importante e che non ci siamo sentiti di censurare. Volevamo, insomma, raccontare l’inferno per poi far funzionare meglio la bellezza e il riscatto finale. Comunque, ha spiegato ancora il regista: ”Roberto Saviano ha visto il film è gli è piaciuto molto. Si riconosce in questo lavoro che secondo lui non è affatto tradito dalla versione cinematografica”.

Le immagini della presentazione (foto LaPresse)

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