“Diaz”, Vicari: “E’ tutto vero. Quella notte venne uccisa la democrazia”

Pubblicato il 6 Aprile 2012 - 16:51 OLTRE 6 MESI FA

La presentazione del film "Diaz" (Foto LaPresse)

ROMA – Nessuna invenzione, tutto vero, assurdamente, incredibilmente. E questo toglie il sonno alla coscienza di ognuno di noi sul senso della democrazia, sullo stato della democrazia nel nostro paese. E’ quanto si affanna a spiegare Daniele Vicari di fronte all’orgia di domande che il suo film Diaz suscita sulla stampa italiana, dopo aver scioccato la platea internazionale del Festival di Berlino (premio del pubblico a Panorama).

Quello che accadde dopo la morte di Carlo Giuliani al G8 di Genova nel 2001 dentro la scuola Diaz assaltata dalla polizia del VII nucleo e poi nella caserma di Bolzaneto diventata di fatto un lager è ricostruito nel film ”senza una sola invenzione”. ”La più grave sospensione dei diritti democratici in un paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale”, l’ha definita Amnesty International.

Vedendo il film, in sala dal 13 aprile in 200 copie (sull’eventuale divieto se ne riparlerà l’11), la domanda ‘come è potuto succedere tutto questo in Italia’ è la più urgente, e non consola molto sapere che ci sono state condanne ai responsabili di primo grado e appello e che a metà giugno si metterà la parola fine (con il rischio di qualche prescrizione dei reati) con la Cassazione.

Macelleria messicana la definì Michelangelo Fournier, uno dei poliziotti della Diaz, quando depose come imputato al processo. ”E’ stato molto peggio di quello che si vede nel film” ha detto il pm Enrico Zucca dopo aver visto l’emozionante anteprima a Genova.

I vertici della polizia, dall’annuncio del film a Cannes un anno fa ad oggi, hanno adottato la politica del silenzio, no comment sul copione portato dal produttore Domenico Procacci, no comment (con circolare del ministero dell’Interno) sul film.

”Spero ancora che il ministro Annamaria Cancellieri lo veda. E spero in un’assunzione di responsabilità che magari arrivi prima della Cassazione in un paese in cui si confonde prescrizione di reato con assoluzione”, ha detto Procacci.

Alla Diaz e a Bolzaneto ci fu ”un comportamento criminale – prosegue Vicari – e non so se le scuse alle vittime possono bastare perché lì la prima vittima è stata la democrazia. Nessuno vedendo il film potrà lamentarsi se un cittadino uscendo dice ‘non credo nelle istituzioni, non credo nella democrazia”’.

Il film utilizza solo tre minuti di repertorio e pure ben nascosti, mentre di quello che accadde dentro Diaz e Bolzaneto non esiste un fotogramma. Le storie, senza i nomi veri dei protagonisti, seguono il punto di vista di una ragazza tedesca vittima delle violenze, ”ma quello capitato a lei nuda nel bagno della caserma è capitato ad almeno 15 ragazze. Tante storie – aggiunge Vicari – sono rimaste fuori per scelta narrativa e altre violente e terribili non me la sono sentita di metterle in scena”.

Tutto questo non è per il regista ”un cinema civile, perché costruire teorie non compete al cinema e invecchia un film in tre minuti. Qui ci sono i fatti come accaduti per i quali la polizia ha il dovere di dire qualcosa, altrimenti si perpetua l’inciviltà del comportamento di quella notte del 21 luglio 2001”.

In fondo alla sala della conferenza romana si è alzato a quel punto Mirko Carletti, poliziotto del Silp-Cgil: ”Vi ringrazio per questo film”. La platea ha applaudito, anche alcuni degli attori presenti come i ‘poliziotti’ Claudio Santamaria e Alessandro Roja, ”orgoglioso di aver fatto il film pur vergognandomi di averlo dovuto interpretare”.