Frozen, l’incubo di ogni sciatore

Pubblicato il 6 Aprile 2011 - 14:25 OLTRE 6 MESI FA

Per realizzare un buon thriller non servono sempre milioni di dollari o sofisticati effetti speciali così in voga nell’era del 3D. Spesso basta affidarsi ad una sceneggiatura originale – puntando magari su una messa in scena essenziale – e con l’aiuto di un’ambientazione azzeccata il gioco è fatto. Ne è un valido esempio Frozen, scritto e diretto da Adam Green – già autore del cruento Hatchet –, un thriller low budget decisamente apprezzabile.

Sulla scia di altri horror survival (si pensi a Open Water o ai più recenti Buried o 127 Ore), Frozen si basa su una storia minimalista, in cui la funzionalità del set e la credibilità degli eventi diventano elementi fondamentali nel coinvolgimento dello spettatore. La pellicola racconta la storia di tre studenti universitari (interpretati da Emma Bell, Kevin Zegers e Shawn Ashmore) che decidono di trascorrere una domenica facendo snowboard sui monti dello Utah. A tarda sera, il trio sale in seggiovia per un’ultima discesa ma a causa di un malinteso tra gli addetti agli impianti di risalita accade l’impensabile. La seggiovia si ferma di colpo e i giovani restano bloccati a trenta metri d’altezza. Al buio e al gelo, completamente isolati dal mondo. E gli impianti chiusi per errore non riapriranno che il venerdì successivo…

La sensazione d’impotenza dei protagonisti dinanzi ad una situazione estrema, le loro reazioni descritte con efficacia con l’alternarsi di primi piani sui loro volti e di reiterate inquadrature sui paesaggi innevati, offrono agli spettatori la percezione di un dramma tutt’altro che irreale. La lotta per la sopravvivenza tra montagne disabitate, temperature polari e lupi famelici non può che agevolare il regista nel mantenere alta la tensione per tutti i novanta minuti di proiezione.

Una regia calibrata priva di eccessi ed un montaggio serratissimo fanno il resto. In Usa alcuni critici hanno sostenuto – in modo fin troppo spregiudicato – che Frozen avrà sugli sciatori lo stesso effetto che Lo Squalo di Spielberg ebbe su milioni di bagnanti. Paragone quantomai azzardato ma la pellicola di Green funziona eccome pur non essendo un capolavoro. L’estrema linearità narrativa e lo scarso approfondimento del background dei personaggi sono infatti limiti palesi. Tuttavia si resta inchiodati alla poltrona e la prova dei tre giovani protagonisti non è affatto da sottovalutare. Brividi assicurati anche per i non appassionati del genere. Da vedere.