Green Book e razzismo, la famiglia di Don Shirley nega l’amicizia tra il pianista e l’autista: “Tutte bugie”

di Caterina Galloni
Pubblicato il 28 Febbraio 2019 - 07:20| Aggiornato il 6 Agosto 2019 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Green Book ha vinto l’Oscar come miglior film eppure per il critico Justin Chang del Los Angeles Times è “il peggior premio Oscar dai tempi di Crash” mentre la famiglia del pianista Don Shirley lo bolla come “una vergogna” e una “sinfonia di bugie” poiché tra il musicista e l’autista “apertamente razzista” Tony “Lip” Vallelonga non c’era nessuna amicizia. 

Per chi non l’avesse ancora visto, il film è basato sull’ incontro tra il brillante ed erudito pianista jazz Don Shirley (Mahershala Ali), nel film descritto come alcolista e omosessuale, accompagnato nel suo tour di concerti nel sud degli Stati Uniti da un buttafuori italo-americano di nome Tony “Lip” Vallelonga (Viggo Mortensen). Il turbolento viaggio, stando a quanto si vede in “Green Book”, segnerà l’inizio di un’amicizia che durerà tutta la vita.

Ma il critico Chang, senza troppi giri di parole, definisce il film di Peter Farrelly “commerciale e superficiale in maniera offensiva, una sciocchezza autocompiaciuta mascherata da ramoscello d’olivo. Riduce la lunga, selvaggia e ancora attuale storia del razzismo americano a un problema, una formula, un’equazione drammatica che può essere risolta facilmente. Green Book è imbarazzante, quanto l’abbraccio indiscusso dell’industria cinematografica americana”.  

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Chang elenca le somiglianze e differenze rispetto a “Crash” definito: “Moderna festa del dolore che gioca sulla tensione razziale minuto dopo minuto, con lo scopo di lasciare il pubblico arrabbiato e sconvolto a livello emotivo. Il suo trionfo agli Oscar è stato uno shock, anche se aveva degli estimatori, per molti era evidente la sua inferiorità. Green Book, ambientato nel profondo sud del 1962, punta a metterti di buon umore. La sua vittoria è sconcertante più che scioccante: dal momento in cui ha vinto il People’s Choice Award al Toronto International Film Festival lo scorso settembre, è stato accompagnato agli Oscar come brand gradevole”. 

Le pur ottime performance di Viggo Mortensen e Mahershala Ali (quest’ultimo premiato con l’Oscar per il Miglior Attore non protagonista) non riescono a risollevare l’ideologia edulcorata del film, troppi i cliché e gli stereotipi, scrive Chang, a cui Green Book attinge a piene mani.

Il vero problema del film, aggiunge il critico è “una sinfonia di bugie, e “l’accuratezza storica è certamente solo uno dei criteri con cui giudicare un film distinguendolo dagli eventi reali. Nella sua visione unilaterale e nella scelta presuntuosa di filtrare il punto di vista del dottor Shirley attraverso quello di Vallelonga, il film dimostra la sua malafede e incarna il punto di vista della supremazia bianca che all’apparenza cerca di contrastare”. 

Ma Chang specifica che “una cosa è apprezzare il film, un’altra è premiarlo come miglior film rispetto alle tante alternative presenti all’Oscar a partire dal duro e provocatorio BlacKkKlansman che ha ricevuto le nomination a miglior film e regia, ma alla fine è stato sconfitto”.

Per quanto riguarda la “sinfonia di bugie”, il fratello superstite del dottor Shirley, Maurice, 82 anni, e la moglie Patricia, 79 anni, nonché la nipote Karole, 47, hanno messo in dubbio che Nick, figlio di Tony Vallelonga che ha scritto la sceneggiatura di Green Book, sapesse qualcosa dei genitori o dei molti altri sopravvissuti, sostengono che il dottor Shirley morto nel 2013, non fosse un alcolista. 

E aggiunto: “E’ stata presentata come una commovente amicizia, nel film Vallelonga passa dall’essere un razzista odioso alla tolleranza per un uomo di colore. Finché si premiano film di questo tipo non cambierà nulla”. 

Fonte: Daily Mail e Los Angeles Times