James Bond, la storia della più lunga saga cinematografica

James Bond interpretato da Sean Connery
James Bond interpretato da Sean Connery (foto Ansa)

ROMA – James Bond, alle origini del successo un calabro-americano, Albert Broccoli, e un ebreo canadese, Harry Saltzman. La storia della più lunga saga cinematografica è raccontata in 288 pagine da Robert Sellers nel libro “When Harry Met Cubby”.

Il romanzo della più avvincente sequela di film, e anche una miniera d’oro in termini di licenze, dall’esordio di Sean Connery all’idea di una donna al posto di 007, è anticipato dal Daily Mail, che ne pubblica alcune pagine. Cubby, “il grande, cordiale, italiano newyorkese”, era nato nel 1909, figlio di immigrati calabresi che coltivavano ortaggi, tra cui broccoli, in un appezzamento di terra a Long Island. “Era un lavoro massacrante”, ricordava Cubby che era fuggito dalla fattoria e svolto una serie di lavori: produttore di bare, venditore di shampoo, di alberi di Natale, buttafuori in una discoteca e, infine, dopo essersi trasferito a Los Angeles per stare con un cugino, assistente alla regia di film western. Non avendo fiducia in se stesso, scrive Sellers, Cubby si è affermato come produttore indipendente di film di guerra e storici.

Nel 1959, si trovava in Inghilterra, dove immediatamente capì che i libri su James Bond di Ian Fleming avevano un potenziale:”un eroe pieno di risorse, luoghi esotici e vivaci, spionaggio e azione, oltre ad abbondanza di sesso”. Sorprendentemente, nessun altro era d’accordo. L’opinione generale era che i libri in brossura fossero romanzetti da due soldi, indegni persino dell’adattamento televisivo. E poi arrivò Harry Saltzman, “un canadese duro e combattivo”, nato in Quebec nel 1915 da una famiglia ebrea, “di cui non si sapeva praticamente nulla”. All’età di 15 anni, Harry era stato in tournée in Europa da solo, gestendo circhi itineranti. Gli elefanti, aveva scoperto, possono costare una fortuna in cibo e in trasporto, ma sono ciò che il pubblico paga per vedere. I film, sosteneva, non erano diversi:”Dai al pubblico quello che vuole. Dai loro degli elefanti. Metti tutto sullo schermo. Più “grande è, meglio è”. Cubby e Harry si conobbero nel 1961 dal drammaturgo Wolf Mankowitz. Successivamente gli chiesero di scrivere la sceneggiatura per il “Dr No” e, sebbene soddisfatto, Wolf rifiutò qualsiasi credit sullo schermo, non voleva che apparisse il suo nome. Non sapeva che i film di Bond sarebbero diventati famosi quanto i Beatles, eclissando i drammi in bianco e nero che erano stati la tendenza cinematografica precedente. I due produttori si erano stretti la mano per una ripartizione del 50-50 del ricavato e il budget era stato fornito da United Artists. In Svizzera, racconta Sellers, registrarono una società a nome delle rispettive moglie, Harry aveva pagato gli extra in contanti evitando così “responsabilità fiscali per i dipendenti registrati”.

John Barry aveva guadagnato 250 sterline per la famosa melodia a tema James Bond. Lo stesso Ian Fleming era stato pagato 100.000 sterline per film e il 2,5% degli utili netti. Quando Harry e Cubby acquistarono i diritti, inserirono astutamente un’opzione su tutte le storie di Bond inedite, anche quelle non scritte. Chi avrebbe incarnato l’iconico 007? L’elenco dei candidati era lungo: Stanley Baker, Adam West (Batman), Oliver Reed, Jeremy Brett (Sherlock Holmes), Terence Stamp, Patrick Mower e persino Lord Lucan, che Cubby aveva incontrato in un casinò. E’ stato Sean Connery, com’è noto, e non ha mai perdonato i produttori per aver approfittato di lui, facendolo recitare nella serie per una tariffa iniziale fissa di 6.000 sterline, senza partecipazione agli utili. Nel corso degli anni, Cubby e Harry “hanno assolutamente rifiutato” di rinegoziare il contratto e Connery ribolliva, essendo convinto che avrebbe dovuto diventare il terzo socio. Era tale la sua “antipatia patologica” per i due uomini, scrive Sellers, che Connery rifiutava di lavorare se fossero apparsi sul set. Alla fine Bond-Connery fu sostituito da George Lazenby e, nel 1973, da Roger Moore, che recitò in modo scherzoso, “come se stesse condividendo una battuta con il pubblico”. Il fenomeno Bond si affermò definitivamente nel 1962, quando il presidente Kennedy dichiarò che era affascinato dal personaggio.

Ma ha avuto un enorme successo al botteghino anche quando il Vaticano ha condannato i film definendolo come “una pericolosa miscela di violenza, volgarità, sadismo e sesso”. All’epoca di “Dalla Russia con amore”, il seguito del Dr No, nel 1963, fu stabilita una formula vincente, che non cambiò con Goldfinger e Thunderball né è cambiata a tutt’oggi: un ritmo molto veloce che “non permette di mettere in discussione la logica della trama”; donne come Ursula Andress in bikini bianco, tutte trattate come bamboline usa e getta con grandi tette; appariscenti “gadget e congegni tecnologici” (l’installazione del sedile espulsore dell’Aston Martin è costata 25.000 sterline) e non troppi dialoghi: i film di Bond erano cinetici e facili da seguire. Bond si vedeva sempre in luoghi sontuosi e soleggiati o in sfarzose suite con pesci rossi che nuotavano nel materasso ad acqua. Ken Adam progettò enormi abitazioni per i “criminali” – vulcani, Fort Knox, covi sull’isola – luoghi dove avrebbero pianificato la distruzione del pianeta. Man mano che i budget crescevano, Harry in particolare, “desiderava più esplosioni, più inseguimenti. Il suo slogan era:”Di cosa ti preoccupi? Sono solo soldi!”, racconta Sellers. Sul lavoro i due produttori erano grandiosi. C’era un lussuoso set di uffici a Mayfair con “un cinema privato realizzato in pelle rossa e un bagno turco”. Segretarie e autisti erano a disposizione tutto il giorno. Le bollette telefoniche non furono mai meno di 1.000 sterline al mese, salendo a 12.000 nel 1966. Cifre enormi.

Questa “strana coppia” iniziò ad assomigliarsi fisicamente, commenta Sellers: flaccidi, bassi, con i capelli grigi e crespi. E simile era la loro megalomania:”Se non sai chi sono, non trovi spazio nel mondo dello spettacolo”. La coppia acquistò scrivanie enormi su cui c’erano una mezza dozzina di telefoni colorati e rispondevano alle chiamate di Lauren Bacall, Clark Gable, Marilyn Monroe e Greta Garbo: tutti volevano disperatamente l’attenzione dei due produttori. Quando Harry volle lavorare su altri film, la rottura fu inevitabile e le sue produzioni con Bob Hope, Richard Burton e Orson Welles furono una perdita di denaro e si ritrovò indebitato per 20 milioni di sterline. Nel 1975, non senza rancore e controversie, aveva venduto a Cubby. Ricorda Sellers che si separarono “senza che si stringessero la mano o si dicessero addio”. Harry morì nel 1994, in “un appartamento con poca luce vicino alla stazione Victoria”. L’unica avventura extra Bond di Cubby è stata nel 1968, “Chitty Chitty Bang Bang”, scritta da Fleming, sceneggiata da Roald Dahl e interpretata da Dick Van Dyke. Cubby morì a Beverly Hills nel 1996. Sean Connery fece una telefonata cortese alla vedova “per porgere le sue condoglianze”.

Fonte: Daily Mail.

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