“Love Story”: da Ophrah Winfrey 40 anni dopo Ali e Ryan si baciano di nuovo

Pubblicato il 15 Ottobre 2010 - 19:32 OLTRE 6 MESI FA

Arrivò nelle sale il 16 dicembre del 1970 il film di Arthur Hiller “Love Story” tratto dal romanzo di Erich Segal, ma i suoi due indimenticabili protagonisti (Ali McGraw e Ryan O’Neal) hanno pensato bene di anticipare la ricorrenza, riunendosi sotto i riflettori televisivi di Ophrah Winfrey l’altra sera per baciarsi di nuovo.

Sono ormai due signori attempati, provati dalla vita (lui ha perso la compagna piuù amata, Farrah Fawcett, lei non ha mai più ritrovato il folgorante successo del suo primo, grande ruolo da protagonista), ma per un’intera generazione sono il Romeo e Giulietta dei ”favolosi anni ’70”.

Probabilmente non pensavano di diventare autentiche icone quando accettarono di impersonare l’immigrata italiana Jennifer Cavalleri e il fortunato erede di un impero industriale Oliver Barrett IV. Ma sull’onda della fiaba senza lieto fine confezionata da Erich Segal (scomparso all’inizio di quest’anno) si ritrovarono divi dalla sera alla mattina.

Arthur Hiller era il regista perfetto per quel copione che sembrava un ennesimo ricamo sulla collaudata partitura della commedia romantica in stile hollywoodiano: artigiano buono a tutti gli usi (spesso ha firmato le sue regie perfino con uno pseudonimo), ma solido costruttore di trame, colse al volo le potenzialità di un copione portato alla Paramount dal professore di letteratura inglese Erich Segal, un newyorchese di famiglia ebrea che aveva cercato fortuna a Oxford e aveva al suo attivo la sceneggiatura di ”Yellow Submarine” per i Beatles.

Segal, dalcanto suo, non perse un attimo e tramuto’ la sceneggiatura in romanzo mentre si girava il film. Il risultato ha fatto storia: ”Love Story” (film) fu campione mondiale incontrastato al botteghino del 1971; ”Love Story” (libro) è stato tradotto in 33 lingue e figura nella biblioteca dei ”sempreverdi” di successo. Che cosa abbia generato un simile fenomeno mediatico è ancora oggetto di dibattito: certamente la struttura che riprende la fiaba di Cenerentola attualizzandola e dandole un finale struggente; certamente alcuni dialoghi che sono entrati nel pantheon dei luoghi comuni del parlar d’amore (”Amare significa non dover mai dire mi dispiace”).

Ma ci sono anche le musiche accattivanti di Francis Lai, l’ambientazione quasi britannica di un’America sospesa tra riti conservatori (la famiglia Barrett) e speranze innovative (lo spirito combattivo di Jennifer), un pugno di caratteristi azzeccati come il patriarca Ray Milland, John Marley e il quasi esordiente Tommy Lee Jones. Otto anni dopo Segal e i produttori provarono la via del seguito con ”Oliver’s Story”, ma l’incanto si era già rotto e la magia di una coppia irripetibile non poteva essere replicata.

Infatti ”Love Story” non esiste senza lo sguardo di Ali McGraw e il sorriso indifeso di Ryan O’Neal. Quella tra i due fu una combinazione chimica che venne immediatamente avvertita dal pubblico come modello dell’amore assoluto, sicchè fa una certa tenerezza rivederli oggi, imbolsiti, sfiniti dalla vita e alla ricerca dell’applauso perduto.

Ali McGraw fu diva per una breve stagione, ma dopo un paio di film con Sam Peckimpah torno’ quietamente a far parte della grande legione d’attori in cui pescavano le serie televisive; Ryan O’Neal (di tre anni più giovane, ma con una carriera più lunga che prese l’avvio nella serie tv ”Peyton Place”) ebbe successi e tracolli continui, scoperto da grandi registi come Peter Bogdanovich (”Paper Moon”) e Stanley Kubrick (”Barry Lyndon”), trascinato in basso da eccessi e nevrosi.

Oggi, nel vedere le loro foto, si ha la sensazione di stare di fronte a due naufraghi che si abbracciano per il pericolo scampato. Ed è forse così perché molto spesso un successo planetario è anche una condanna a vita: