Perversione Disney. In Escape from Tomorrow rivive una lunga tradizione

di Francesco Montorsi
Pubblicato il 22 Ottobre 2013 - 07:06 OLTRE 6 MESI FA
Perversione Disney. Una lunga tradizione rivive in Escape from Tomorrow

Perversione Disney. Una lunga tradizione rivive in Escape from Tomorrow

LOS ANGELES – L’uscita di un thriller «semi-clandestino» incentrato su un’allucinata e orrorifica esperienza a Disneyland ha recentemente suscitato un dibattito mediatico negli Stati Uniti, e ricordato una lunga tradizione di perversione artistica dell’ideale Disney.

Escape from tomorrow, la cui premiere si è svolta al Sundance Festival del 2013, racconta l’esperienza di un uomo in vacanza al parco di divertimenti di Topolino con la sua famiglia. Nel parco dall’apparenza ostinatamente felice, una crisi psicologica rivela, in un crescendo di crudeltà, le ombre misteriose e folli che abitano nel parco.

Per realizzare il film, il regista Randy Moore, si è lanciato in un’avventura totalmente clandestina. Nessuna autorizzazione è stata richiesta alla Walt Disney, una delle compagnie notoriamente più agguerrite dal punto di vista della protezione legale dei suoi copyright.

Il film, girato in due diversi parchi Disney per non attirare l’attenzione della direzione, ha mobilitato telecamere di piccole dimensioni e nessun copione (presente solo sugli iPhone). Per adesso, la Walt Disney non ha annunciato nessun ricorso legale.

Come i media non hanno mancato di ricordare, il film si situa in una lunga tradizione di perversione della vulgata disneyana. Il mondo fantastico della Walt Disney è noto a tutti per il suo sfacciato ottimismo e per i suoi valori spesso tradizionalisti.

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Negli ultimi decenni artisti, pensatori ed imprenditori hanno voluto capovolgere quest’immagine della Disney. Uno dei primi, più affascinanti, esempi di questa tradizione critica lo si deve al disegnatore Wally Wood. Nel lontano 1967, alla morte di Walt, fondatore dell’impero Disney, Wood disegnò il «Disenyland Memorial Orgy». Nel disegno di Wood si trovano tutti i personaggi della Disney, ma nessuno come ce lo si ricordava. Qui principesse aspettano il principe azzurro con le gambe aperte, Minnie e Pippo si accoppiano, Campanellino si esibisce in uno strip-tease davanti ad una sordida assemblea, e il cane Pluto orina compiaciuto su un ritratto gigante di Topolino… «Alla morte del padrone – racconta Wood – gli istinti primordiali delle creature avevano la meglio sulle loro inibizioni. Un’atroce orgia romana segnava la fine dell’impero».

La trasgressione della rosea realtà Disney è servita anche ad alimentare la creatività artistica attiva nella critica sociale. Artisti, fotografi e pittori utilizzano il mondo Disney per far risaltare la durezza ed il cinismo del mondo reale. Così, il fotografo Benjamin Bechet, in un reportage in gran parte girato a Roma e intitolato «Io sono Winnie the Pooh», ha documentato scene urbane di miseria, di degrado, di marginalizzazione. Nelle sue foto, la donna delle pulizie ha preso il corpo di Minnie, è Biancaneve che si prostituisce e Topolino e Winnie the Pooh dormono per strada.

La fotografa canadese Diana Goldstein ha adoperato i personaggi da fiaba per far risaltare la drammaticità quotidiana delle malattie. Cosa succede, si è chiesta, nelle pagine che seguono la frase «E vissero felici e contenti»? Nelle sue foto, la principessa Raperonzolo si trova in una camera d’ospedale, è malata di cancro. La sua preziosa capigliatura, che tanto l’aiutò nel mondo delle fiabe, è ormai adagiata sul letto.

Walt Disney è per la sua immagine edulcorata e buonista un bersaglio perfetto per la trasgressione e la critica sociale. Il «vissero tutti felici e contenti» pare a molti un simulacro da abbattere. Come dice un personaggio di Escape from Tomorrow «non si può essere sempre felici.»