“Un gelido inverno”, ecco l’America dimenticata da Hollywood

Pubblicato il 10 Marzo 2011 - 22:55 OLTRE 6 MESI FA

In un paesino sperduto tra i monti Ozark, Missouri, la 17enne Ree Dolly (Jennifer Lawrence) si trova a fronteggiare da sola una situazione a dir poco disperata. Oltre ad accudire i due fratellini e la madre catatonica, la ragazza ha pochi giorni di tempo per rintracciare il padre Jessup, spacciatore sparito misteriosamente nel nulla.

Le notizie che Ree ha ricevuto dallo sceriffo di zona sono tutt’altro che confortanti: Jessup è uscito di prigione su cauzione, pagata ipotecando la loro abitazione. Qualora l’uomo non si presentasse al mandato di comparizione, Jesse e la sua famiglia – già costretti a vivere in condizioni di assoluta indigenza – si ritroverebbero senza una casa. Per Ree la ricerca del padre si trasforma ben presto in un viaggio iniziatico, attraveso il quale entrerà in contatto con una comunità degradata dominata da violenza, omertà e maschilismo. Nessun esponente dell’esteso clan familiare dei Dolly – costituito da spacciatori, balordi e donne ancor più violente dei loro mariti – è infatti intenzionato ad aiutare la ragazza. La scomparsa di Jessup deve restare un segreto di famiglia e guai a far troppe domande…

Un gelido inverno – tratto dal romanzo di Daniel Woodrell A winter’s bone” – non può che lasciare stupiti per la sua capacità di descrivere con crudezza un’America lontana anni luce da quella hollywoodiana. Il realismo della pellicola di Debra Granik, al suo secondo lungometraggio, è semplicemente agghiacciante. Impossibile restare impassibili dinanzi a scene che fotografano impietosamente l’abbrutimento sociale del sottoproletariato statunitense (meglio noto in patria come White Trash).

Un universo di reietti, rappresentanti di una protomafia estranea a qualsiasi senso di legalità. Povertà e arretratezza sono infatti gli aspetti meno inquietanti di questo spaccato di provincia americana. Ciò che più colpisce del film della Granik è l’assenza di riferimenti positivi, di possibilità per la giovane protagonista di migliorare la propria quotidianità, di evadere da un contesto sociale malato. Si vedano, in particolare, la scena in cui Ree insegna ai fratellini affamati ad imbracciare il fucile per cacciare scoiattoli o il cruento pestaggio della ragazza da parte delle zie.

Altrettanto funzionale nel conferire cupezza al racconto è la rappresentazione continua di una natura ostile (foreste oscure, colline ghiacciate, cieli plumbei), perfettamente immortalata dalla fotografia di Michael McDonough. La regia essenziale, il cast azzeccatissimo – da applausi la prova della 20enne Jennifer Lawrence coadiuvata da attori del posto – e la colonna sonora a base di country fanno il resto. Gran Premio al Sundance Festival 2010 e al Torino Film Festival, un gelido inverno rappresenta una delle migliori produzioni del cinema indipendente americano degli ultimi anni. Thriller, dramma sociale, noir. Un’autentica rivelazione con un finale per cuori forti. Da vedere ad ogni costo.