Video Recensione: Quello che non so di lei. Finzione e realtà, Roman Polanski cosmonauta di due mondi

Giuseppe Avico
Pubblicato il 2 Marzo 2018 - 11:03| Aggiornato il 13 Marzo 2018 OLTRE 6 MESI FA
Recensione: Quello che non so di lei. Finzione e realtà, Roman Polanski cosmonauta di due mondi

Recensione: Quello che non so di lei. Finzione e realtà, Roman Polanski cosmonauta di due mondi

ROMA – A distanza di quattro anni dal suo ultimo film, Venere in pelliccia, Roman Polanski, autore tra i più influenti, controversi e geniali della storia del cinema, torna dietro la macchina da presa per dirigere Quello che non so di lei, film del 2017 basato sul romanzo di Delphine de Vigan Da una storia vera. Come già successo nella filmografia di Polanski, la scena è abitata da pochissimi personaggi, qui dominata da Emmanuelle Seigner ed Eva Green. CLICCA QUI PER ALTRE VIDEO RECENSIONI.

Delphine è una scrittrice di successo. Durante la firma degli autografi del suo ultimo romanzo, fa la conoscenza di Elle, una ragazza giovane, intuitiva e intelligente. Le due iniziano a conoscersi meglio, a raccontarsi i loro trascorsi e le loro disavventure. A poco a poco, però, il rapporto tra le due donne comincia a piegarsi, ad assumere la fisionomia di un legame morboso, ossessivo e provocatorio.

Quello che non so di lei è un film riuscito. Roman Polanski torna a ripercorrere i sentieri caratteristici del suo cinema, riuscendo, con questa pellicola, ad aggiornarli. Delphine, interpretata magnificamente da Emmanuelle Seigner, è una scrittrice sull’orlo di una crisi di nervi. Stanca, stressata e vulnerabile inizia a provare disgusto per la pagina bianca che ogni scrittore deve affrontare. E’ un personaggio molto interessante, che si presta con grande conformità al cinema di Polanski. Se da una parte abbiamo Delphine, dall’altra si contrappone il personaggio di Elle che, come un fulmine a ciel sereno, travolge la vita della scrittrice, entrando sempre più nella sua mente come un coltello nel burro. Probabilmente è proprio questo il personaggio che cattura l’interesse del pubblico e sul quale Polanski confeziona un perfetto abito di inquietudine e di ambiguità, laddove chi guarda viene messo nelle condizioni di poter supporre, di immaginare. Sono due personaggi differenti eppure commutabili, due elementi fluidi che si respingono e si attraggono, che si mescolano continuamente e si slegano nell’artificio scenico e surreale costruito da Polanski.

Nel film, come detto, ricorrono elementi che sono tipici del regista. Uno su tutti l’atmosfera. Polanski, come spesso accade, gioca con gli spazi, con l’ambiente e di conseguenza con l’atmosfera che provocano. La chiusura è ciò che permette ai personaggi di muoversi. Non ci sono spazi aperti, non c’è traccia di una qualsivoglia apertura, tanto scenica quanto concettuale. Polanski fa in modo, attraverso la tecnica che fa parte del suo DNA, che i pensieri dei singoli interpreti, in particolar modo per quanto concerne Delphine, siano accompagnati con ambivalenza dallo spazio che hanno intorno. Tutto questo coinvolge lo spettatore nella spirale magnetica della scena, lasciandolo complice di quanto accade, e con la consapevolezza di navigare tra la realtà e la finzione, tra ciò che appare e ciò che realmente è. CLICCA QUI PER LA RECENSIONE DEL FILM LA FORMA DELL’ACQUA.

Quello che non so di lei è un film che evade dai generi, pur incarnando i lineamenti del thriller, infatti, si muove con la naturalezza di un’opera distante da ogni coercitiva classificazione, laddove è l’autore, in questo caso Polanski, a costruire il genere. E questo Polanski lo ha sempre fatto, e continuerà a farlo. Voto:8.