The Father: recensione (senza spoiler) del film con Anthony Hopkins

E se il mondo intorno a te si sgretolasse come un castello di sabbia? Se quel mondo che hai innalzato attorno a una casa sicura, oggetti cari, volti conosciuti e affetti crollasse lentamente? Quei volti si sciolgono e si confondono tra di loro, gli oggetti quotidiani cambiano forma, colore e collocazione, quelle quattro mura si modificano in continuazione come un cubo di Rubik. Queste sono le suggestioni e le emozioni che The Father vuole farci vivere, che vuole farci sentire. L’opera prima di Florian Zeller, con protagonista Anthony Hopkins, è un itinerario drammatico e struggente lungo i sentieri della demenza senile.

Recensione The Father: la trama

Anthony è un uomo sull’ottantina. Vive in un grande appartamento nella Londra benestante e rifiuta qualunque tipo di aiuto. La figlia, Anne, cerca di sostenerlo come può, proponendogli l’assistenza di cui ha bisogno e che puntualmente lui respinge. Eppure, Anthony ha davvero bisogno di aiuto: la sua mente inizia a ingannarlo, perde la percezione della realtà e il suo atteggiamento cambia quasi radicalmente giorno dopo giorno. Di lì a poco il dubbio, sui suoi cari e sulla casa, inizia a tormentarlo lasciandolo indifeso e diffidente.

Le atmosfere thriller e lo studio dell’ambiente al servizio del racconto

Pur staccandosi dai canoni propri del genere thriller, il film, che di drammatico ha davvero quasi tutto, gioca con un’atmosfera che riprende in parte quella del thriller solo ed esclusivamente a beneficio del racconto. Non ci sono porte che scricchiolano o serial killer dietro la tenda, ma l’ambiente e l’uso efficace dello spazio ricordano molto le atmosfere anguste e sinistre del genere. Lo spazio nel quale vengono immerse le vicende del protagonista assume il ruolo fondamentale di “racconta storie”, senza il quale il film perderebbe gran parte del proprio fascino. L’ambiente, così come il taglio thriller che si è voluto dare, è parte integrante del personaggio, più in generale del racconto stesso.

Il film racconta la demenza senile, il rapporto di un uomo con lo spazio che lo circonda, e l’errore più grande sarebbe stato quello di dare per scontato proprio quell’ambiente, concentrandosi unicamente sui personaggi e i loro rapporti. Questa caratteristica, ovvero la capacità di far parlare la casa, è una prerogativa del dramma da camera e in questo caso lo studio fatto, nella fase di scrittura soprattutto, contraccambia in termini di realismo, immersione e coinvolgimento.

Oltre lo spazio, il personaggio

Se è vero che un’atmosfera fa tanto del fascino di un racconto, quest’ultimo non può prescindere, però, da un protagonista altrettanto avvincente. Lui si alza, vaga per la casa alla ricerca di qualcosa che ha perso, senza ricordarsi di averla ritrovata. Si alza, osserva la casa e si accorge di quanto è cambiata, senza ricordarsi che in realtà è sempre stata così. Si alza, guarda negli occhi la figlia e non la riconosce.

Il personaggio di Anthony, impreziosito dalla grandissima interpretazione di Anthony Hopkins, vive la sua vita come all’interno di una spirale sempre in movimento, nella quale gli eventi sembrano cambiare in maniera frenetica, tornando però sempre al punto di partenza. Questa è la condizione che il protagonista si ritrova costretto ad affrontare, laddove i ricordi si trasformano in qualcosa di lontano e inafferrabile, nella confusione di una mente non più capace di ricordare. Tale condizione influenza tanto la percezione dello spazio quanto i rapporti con gli altri. Lui non riconosce più la figlia, lei vive nella situazione di badare a un padre che sembra sempre più lontano eppure al suo fianco, vicinissimo.

Parliamo di un personaggio, quello di Anthony, capace di caricarsi sulle spalle un intero film, perché costruito molto bene in fase di sceneggiatura. Fantastica l’interpretazione di Anthony Hopkins, fresco di Oscar, abilissimo nel restituire attraverso gli sguardi, i gesti e le parole un grande senso di realismo. Non è da meno Olivia Colman, tanto brava nel mostrarci un personaggio tra l’insofferenza e la tenerezza, quanto straordinaria nell’impersonare una figlia costretta, per amore del padre, ad annientare la propria vita annullandosi giorno dopo giorno. Attraverso di lei viviamo il dramma di una figlia che si ritrova improvvisamente faccia a faccia con la disarmante condizione del padre, indotta a viverne a pieno la malattia in maniera cosciente e concreta.

Regia e sceneggiatura: dalla scrittura alla scrittura, una trasposizione riuscita

Bisogna elogiare il lavoro fatto in fase di scrittura, in quello che solo in apparenza può sembrare un compito agevole: trasformare una pièce teatrale in un film. Teatro e cinema non sono la stessa cosa, punti di congiunzione ci sono ma le caratteristiche sono differenti. Il rischio concreto era quello di cadere negli intrecci linguistici propri del teatro traslandoli per filo e per segno sulla pellicola. E se come in questo caso il lavoro teatrale è tuo, sei forse più portato ad una fedeltà cieca nei suoi confronti. Florian Zeller e Christopher Hampton fanno l’opposto, per fortuna, attraverso un adattamento che evidenzia tanto la bellezza del lavoro originale quanto quella del film stesso. È una trasposizione riuscita che non altera lo spirito di fondo e la bontà del progetto.

Il film, dal punto di vista registico, non rinuncia al fascino e al gusto del teatro ma li tratta con intelligenza rispondendo alle necessità cinematografiche. Il risultato è un dramma da camera perfettamente riuscito in termini espressivi e narrativi, con la capacità non scontata di coinvolgere emotivamente chi guarda.

The Father è un film che non ha bisogno di manipolazioni particolari per arrivare dritto come una freccia al pubblico. È un film che riesce a vivere di luce propria grazie al suo realismo, alla capacità di rendersi vero ed essenziale fino all’osso, lontano dalle sofisticazioni e dalla presunzione. È un dramma che coinvolge per la sua intensità, e questo non può lasciare indifferenti.

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The Father: la scheda del film

  • Anno: 2020
  • Genere: drammatico
  • Regia: Florian Zeller
  • Soggetto: pièce teatrale di Florian Zeller
  • Sceneggiatura: Christopher Hampton, Florian Zeller
  • Fotografia: Ben Smithard
  • Montaggio: Giōrgos Lamprinos
  • Musiche: Ludovico Einaudi
  • Cast: Anthony Hopkins, Olivia Colman, Mark Gatiss, Imogen Poots, Olivia Williams, Rufus Sewell

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