Aborto in Polonia, la storia di Maria: “Operata con una gruccia dopo lo stupro dello zio”

di Maria Elena Perrero
Pubblicato il 4 Ottobre 2016 - 15:48 OLTRE 6 MESI FA
Aborto in Polonia, la storia di Maria: "Operata con una gruccia dopo lo stupro dello zio"

Aborto in Polonia, la storia di Maria: “Operata con una gruccia dopo lo stupro dello zio”

MILANO – Abortire grazie ad una gruccia metallica, di quelle della lavanderia. Solo così Maria Jarusjewska (il cognome è di fantasia) è riuscita a non partorire, a 18 anni, il figlio nato dallo stupro subito da parte dello zio. Maria è una delle migliaia di donne scese in strada in Polonia lunedì 3 ottobre, giorno della grande manifestazione contro la proposta di legge che vuole vietare il diritto all’interruzione di gravidanza anche negli unici casi fino ad oggi permessi, ovvero rischi per la madre o per il bimbo e stupro.

Per questo motivo Maria alla cronista Monica Perosino de La Stampa non ha voluto dare il suo vero cognome. Sa che adesso rischierebbe il carcere ammettendo di aver abortito. Lo rischierebbe lei come coloro che l’hanno aiutata.

Tutto accadde due anni fa. Maria, chiamata così dalla sua famiglia cattolicissima perché “bella come una Madonna”, una domenica era sola in casa: i genitori erano andati a trovare dei parenti. Così lo zio di 52 anni, rimasto in casa solo con lei, l‘ha violentata. “Non mi ha picchiata, non mi ha lasciato segni. Forse avrei dovuto lottare di più”, dice adesso con un senso di colpa, quasi che fosse sua la responsabilità di quello stupro. 

Ai genitori non disse nulla, “non mi avrebbero creduta”. Alla polizia men che meno: viveva in un piccolo paese, era una cosa impensabile. Eppure solo una denuncia per stupro le avrebbe permesso di abortire nella legalità (e in sicurezza). Ma così non è stato.

Quando si è accorta di essere rimasta incinta, Maria ha vomitato dal “disgusto”. Poi ha mangiato delle pasticche sottratte alla nonna e del veleno per farfalle degli armadi.

“Ho pensato che il peggio che poteva succedermi era di morire, che era sempre meglio che vivere così. Ma non sono morta”.

Così si è rivolta ad alcune conoscenti che c’erano già passate, e che l’hanno accompagnata in una città quasi al confine con la Germania:

“La “clinica” era in un appartamento. Molto pulito, in ordine. Quando ho visto chi mi avrebbe operata mi sono tranquillizzata, sembrava una persona a posto che sapeva cosa stava facendo. Mi ha detto che mi avrebbe fatto l’anestesia locale. Ma poi ho capito il “come” l’avrebbe fatto…”.

Con una gruccia di alluminio appiattita, di quelle della lavanderia. “La cosa pazzesca è che prima di farlo l’ha pure sterilizzata”.

Se oggi Maria ha deciso di raccontare questo passato che per due anni ha sempre tentato di dimenticare è per evitare che altre donne e ragazze debbano subire lo stesso calvario. E Maria è stata anche fortunata, nella sua sfortuna.

L’aborto non in sicurezza è la principale causa di morte delle donne in età fertile nel mondo. Secondo alcune stime, oltre 43mila donne sono morte così nel mondo nel 2013. E adesso la Polonia, che già ha una delle leggi più restrittive al mondo, vuole proibire definitivamente l’interruzione di gravidanza in sicurezza. Senza rendersi conto che l’aborto è sempre stato praticato, in un modo o nell’altro. Vietandolo non si impedisce che venga eseguito, ma solo che venga eseguito in sicurezza.

(Foto Ansa)