Bataclan, le telefonate dei terroristi. “Sembravano drogati”

di redazione Blitz
Pubblicato il 24 Novembre 2015 - 15:21 OLTRE 6 MESI FA
Bataclan, le telefonate dei terroristi. "Sembravano drogati"

Gli uomini della BRI

PARIGI – “Erano molto nervosi, frenetici e confusi, come sotto l’effetto di qualche droga. Continuavano a dire le stesse frasi. ‘Siamo i soldati del Califfato’. ‘Questa è colpa di Hollande’”: è il racconto di Pascal, capo della squadra d’assalto francese che ha diretto le negoziazioni con i terroristi islamici asserragliati alla sala da concreto Bataclan venerdì 13 novembre. 

A Caroline Michel del Nouvel Observateur Pascal ha raccontato quella serata terribile. Quando anche lui si è trovato davanti, tra i morti e i feriti, un suo amico di infanzia, ormai senza vita.

Sono state cinque le telefonate fatte dai terroristi prima del blitz e del tragico epilogo. E in quelle telefonate, secondo Pascal, gli uomini sembravano sotto l’effetto di droga.

“La missione della Brigade de Recherche et d’Investigation è ottenere la resa dei rapitori. Questo obbiettivo non è stato ottenibile venerdì”, ha detto Pascal al Nouvel Obs.

Ecco la cronologia di quella serata, raccontata da Caroline Michel.

“Venerdì 13, ore 21:40 Christophe Molmy (capo della BRI) sta per finire di cenare in famiglia. «Un ufficiale della sicurezza pubblica mi informa che c’è stata un’esplosione allo Stade de France. Ci sono dei morti». Poco dopo Molmy riceve un sms da un amico: «Ci sono stati degli spari in un bar in Rue Charonne». Molmy chiama il suo vice, George Salinas, affinché allerti tutti.

Ore 21:47 Molmy convoca i quindici membri del pronto intervento che ha costituito dopo l’Hyper Cacher.

Ore 22:07 Il direttore della polizia giudiziaria, Christian Sainte, chiama Molmy per dirgli di andare verso il Bataclan.

Ore 22:15 La prima squadra è davanti al Bataclan. Una ventina di agenti della Brigade hanno preso posizione nell’androne.

Ore 22:30 Un prima squadra penetra nel pian terreno. Gli uomini scoprono davanti a loro diverse centinaia di corpi aggrovigliati. Niente urla. Niente movimenti. I feriti respirano a malapena. Una cinquantina di membri della BRI e una decina del Raid si mettono all’opera per cercare di capire chi siano i morti e chi i vivi. «Siamo la polizia. Identificatevi, togliete le magliette e tenete le mani in alto, venite avanti!»: la frase è ripetuta di continuo in tutta la sala da concerti. Certi ostaggi sono in stato catatonico.

Ore 23:15 La BRI ha messo in sicurezza tutta la galleria ed è arrivata davanti a due porte chiuse. Quando cercano di aprire quella di sinistra, una voce da dentro inizia a urlare: «Fermi, non entrate. Sono due. Hanno le cinture esplosive. Minacciano di ucciderci, di tagliarci la testa». L’ostaggio scelto come portavoce dai terroristi ci dà un numero di telefono sul quale poterli raggiungere.

Ore 23:27 Pascal ha preso posizione fuori insieme al collega e alla psicologa della BRI. Mostefaï e Amimour si sono presentati come «due soldati del Califfato». Cinque telefonate hanno luogo alle 23:27, 23:29, 23:48, 00:05 e alle 0:18. I terroristi chiedono una cosa sola: che la BRI se ne vada e li lasci uscire. Il negoziatore temporeggia. Cerca di ottenere la liberazione delle donne e dei bambini. «Ve li manderemo», rispondono.

Ore 23:45 Pascal ha informato il suo capo che non crede che riusciranno a ottenere la liberazione degli ostaggi. Molmy va al computer per chiedere l’autorizzazione, concessa, a fare irruzione.

Ore 00:18 I due gruppi forzano le porte. Una delle squadre avanza tirando una mezza dozzina di granate assordanti e accecanti. Lo scudo che la protegge cade: sono tutti allo scoperto. Un ombra si muove. Una pallottola sparata dalla BRI fa esplodere la cintura del terrorista. Ci vuole un’ora per evacuare tutti gli ostaggi”.