Chiesa licenzia dipendente perché divorziato, per Strasburgo è violazione della privacy

Pubblicato il 23 Settembre 2010 - 15:13 OLTRE 6 MESI FA

La Corte europea per i diritti umani ha dato ragione a un cittadino tedesco, ex dipendente della Chiesa cattolica, licenziato perché era separato da sua moglie e aveva creato una famiglia con un’altra donna. Bernhard Schut, 53 anni, aveva perso il suo impiego di organista e capo del coro in una parrocchia di Essen (ovest) nel 1994, dopo che i suoi superiori avevano appreso che si era separato da sua moglie e aveva avuto un figlio con una nuova compagna.

L’uomo ha poi trovato lavoro, part-time, in una chiesa protestante. Schut aveva contestato invano il suo licenziamento davanti ai tribunali tedeschi. La giustizia aveva fatto riferimento a una sentenza del 1985 della Corte Costituzionale federale tedesca, secondo la quale la Chiesa, come datore di lavoro, ha il diritto di regolare i suoi affari in maniera autonoma, purché i suoi precetti morali e religiosi non entrino in conflitto con i principi fondamentali della legge.

Per i giudici europei, la giustizia tedesca non avrebbe dovuto considerare solo il diritto di Schut a conservare il suo il suo impiego, ma allo stesso modo il rispetto dovuto alla sua vita privata e familiare. ”Firmando il suo contratto di lavoro, Schut ha accettato un dovere di lealtà verso la Chiesa cattolica che limitava fino a un certo punto il suo diritto al rispetto della sua vita privata”, hanno riconosciuto i giudici.

Ma tale firma non può essere considerata come ”un impegno personale a vivere in castità  in caso di separazione o divorzio”. La Corte ha dunque concluso che c’è stata una violazione del diritto alla vita privata del richiedente, garantita dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.