Fecondazione con seme dell’ex all’insaputa del marito. Lui le chiede danni

di redazione Blitz
Pubblicato il 17 Marzo 2015 - 16:15 OLTRE 6 MESI FA
Fecondazione con seme dell'ex all'insaputa del marito. Lui le chiede danni

Fecondazione con seme dell’ex all’insaputa del marito. Lui le chiede danni

LONDRA – Nove anni fa decisero di avere un bambino ma la natura stentava a compiere il suo corso. Per questo i due coniugi, marito e moglie da appena due anni, decisero di ricorrere alla fecondazione assistita per coronare il loro sogno d’amore e mettere su famiglia. Per farlo si affidarono alle cure specializzate di una clinica di Barcellona. Ma lui, insegnante inglese di 60 anni, non poteva immaginare che alcuni mesi dopo lei, l’amore della sua vita, sarebbe tornata in quella clinica accompagnata dal suo ex fidanzato, al quale chiese di donare il suo sperma.

Una verità shockante saltata fuori soltanto 5 anni dopo la nascita di quello che l’uomo aveva creduto fino a quel momento essere il suo figlio biologico. Proprio quando i due decidono di separarsi e discutono per l’affidamento del piccolo, la donna tira fuori la bomba, poi confermata con un test del Dna. Per questo lui l’ha trascinata in tribunale e le ha chiesto un risarcimento danni di 1oo mila sterline, circa 138mila euro.

Dinanzi alla Central London County Court la donna ha sostenuto di aver sempre pensato che l’ex marito sapesse di non essere “necessariamente” il padre del ragazzino. Il suo ex marito sapeva di non essere fertile (o quasi). Ma secondo l’accusa, l’uomo era invece completamente all’oscuro di quanto accaduto. Salvo poi ammettere di essere consapevole che l’ex fidanzato di sua moglie avesse donato il suo seme nella stessa clinica, ma lei gli avrebbe sempre assicurato di aver utilizzato il suo sperma.

Per questo le avrebbe chiesto un risarcimento danni per “disagio e umiliazione”, e per coprire l’importo pagato sino a quel momento per il mantenimento, circa 80 mila sterline, più un risarcimento per la perdita di guadagno.

Dal canto suo la donna si è invece difesa sostenendo di non sapere “quale campione effettivamente fosse stato utilizzato. Non ho chiesto nulla. Ho solo presupposto che era più probabile che avessero utilizzato il campione fresco, ma non lo sapevo con certezza”. A decidere ora saranno i giudici della Corte di Londra.