Gran Bretagna, test per la cittadinanza: da Cromwell a Monty Python

di Francesco Montorsi
Pubblicato il 7 Febbraio 2013 - 07:57| Aggiornato il 28 Maggio 2022 OLTRE 6 MESI FA

LONDRA – Il governo inglese guidato dal primo ministro David Cameron ha elaborato il nuovo quiz per acquisire il diritto alla cittadinanza britannica. Nella nuova versione del test, gli immigrati che aspirano a diventare sudditi di sua maestà la regina, dovranno dimostrare di essere a loro agio con la cultura del paese, dalla Magna Charta al non-sense dei Monty Python. Tutti i candidati – dai contadini impiegati nella raccolta delle verdure a medici altamente formati – dovranno passare le forche caudine della «britishness», la «britannicità».

Il Ministro degli Interni britannico ha recentemente pubblicato un manuale di 180 pagine sui cui gli aspiranti cittadini impareranno tutto quello che è necessario (ed obbligatorio) sapere sulla storia, la cultura ed i valori della Gran Bretagna, dall’età della pietra fino alle elezioni politiche del 2010, passando per la guerra delle due rose, Oliver Cromwell e l’impero in India. A partire da marzo 2013, i candidati devono ottenere almeno il 75% di risposte esatte in un questionario a risposta multipla composto da 24 questioni.

La recente versione del quiz sulla britannicità corregge quella che per anni è stata impiegata sotto il governo labour. Mark Harper, ministro per l’immigrazione, aveva denunciato il precedente test di cittadinanza, considerato come zeppo di domande troppo «ordinarie», a cui ogni residente sarebbe stato in grado di rispondere. Il nuovo governo, che si prefigge lo scopo di ridurre drasticamente l’immigrazione, ha deciso un approccio meno morbido. «Questo nuovo libro si concentra giustamente – ha detto Harper – sui valori ed i principi che rappresentano l’essenza della britannicità. Invece di dire alle persone come reclamare dei benefici, ne incoraggia la partecipazione alla vita britannica».

Non tutti potranno però partecipare a questa «vita britannica» dopo aver completato il quiz. In effetti, più di uno non passerà il test a causa della difficoltà delle questioni, alcune delle quali metterebbero in difficoltà non pochi cittadini di sua maestà.

Il capitolo sui Tudor e gli Stuart richiede di sapere «come e perché la religione è cambiata in quel periodo; l’importanza della poesia e del dramma nel periodo elisabettiano; l’implicazione della Bretagna in Irlanda; lo sviluppo del parlamento e il solo periodo in cui l’Inghilterra è stata una repubblica; perché c’è stata la restaurazione della monarchia; com’è avvenuta la Rivoluzione Gloriosa».

Nella sezione sul ventesimo secolo qualcuno, anche tra i diplomati di Oxford, potrà invece scivolare su domande del genere «Chi ha scoperto la risonanza magnetica? Chi ha inventato il bancomat?» (Sir Peter Mansfield e James Goodfellow, rispettivamente).

Diverse associazione di migranti sono insorte contro il nuovo quiz e la filosofia su cui riposa. Secondo loro, un tale tipo di quiz incarna una caricatura della vita e della cultura britannica. Inoltre, i migranti sono incoraggiati ad identificare la loro opinione con quella delle elite dominanti. La storia della Gran Bretagna è difatti rivisitata o in ogni caso filtrata dagli occhi del partito conservatore. Uno dei capitoli, corredato da un’immagine della battaglia di Trafalgar, si chiama «Una storia lunga ed illustre».

L’indipendenza dell’India è descritta come «una transizione ordinata dall’Impero al Commonwealth». Dagli anni di Margaret Thatcher scompare ogni menzione degli scioperi dei minatori e si legge semplicemente «le industrie tradizionali, come la costruzione delle navi e l’estrazione di carbone, sono tramontate. Durante il suo governo ci sono state importanti riforme economiche».

La storia la fanno i vincitori, dice l’adagio celebre. La prova? Essa si ritorce contro i perdenti. Se gli anni di Thatcher sono stati quelli delle riforme importanti, per contro, gli anni di Tony Blair si sono distinti per il malcontento sociale: «molte industrie erano colpite dagli scioperi» e la gente «cominciava a considerare che i sindacati erano troppo potenti e che le loro attività stavano danneggiando la Gran Bretagna».