Hotel Ritz, all’asta mobili e decor del simbolo della Belle Epoque

di Redazione Blitz
Pubblicato il 16 Marzo 2018 - 11:37 OLTRE 6 MESI FA
I tesori dell'Hotel Ritz all'asta a Parigi

Hotel Ritz, all’asta mobili e decor del simbolo della Belle Epoque

ROMA – Simbolo del lusso e della magia di Parigi capitale del XIX secolo, l’Hotel Ritz di Place Vendome mette all’asta i suoi tesori, mobili, suppellettili, decor.

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Dopo la riapertura del 2016 seguita a un costoso restyling e alla fine di un rinnovo totale durato quattro anni, si potrà avere un assaggio di Belle Epoque già a Milano (alcuni oggetti saranno esposti a Milano dal 20 al 25 marzo), prima dell’incanto parigino organizzato da Artcurial dal 17 al 21 aprile.

Chi volesse portarsi a casa qualcuno dei frammenti di una storia illustre ma definitivamente tramontata, non dovrà svenarsi: all’asta finiscono 3500 lotti, quasi tutte copie, riproduzioni, per cui si va da qualche centinaio di euro fino a sfiorare gli ottomila euro per i mobili in stile Luigi XVI. Anche questo un segno dei tempi, nell’epoca della riproducibilità tecnica che ha mandato in soffitta l’aura che ne segnalava il prestigio, i tempi dei Rockfeller, dei Vanderbilt, di Hemingway (alla testa dei liberatori del “suo” bar nel ’44) e Fitzgerald (suo il racconto “Un diamante grande come l’hotel Ritz”), di Coco Chanel e, alla fine della sua storia, di Lady Diana e Dodi Al Fayed.

Ci saranno i letti in lucido ottone sui quali Ernest Hemingway si augurava di sprofondare pure in paradiso, gli sgabelli del bar seduto sui quali Francis Scott Fitzgerald – certamente ubriaco – mangiò una scatola di orchidee, petalo per petalo: omaggio a una bella donna ammirata a un tavolo – e rispedite al mittente. Nello stesso bar, Hemingway ritrovò gli appunti che pensava di aver perso negli Anni Venti; e che gli permisero di comporre le bozze di Festa Mobile, pubblicato postumo. Nel ristorante ci fu l’unico incontro tra Marcel Proust e James Joyce, una gelida conversazione di monosillabi, ricordò poi l’autore dell’Ulisse. (Fabio Sindici, La Stampa)