MILANO – “L’unica cosa certa è che mio figlio è stato ucciso, che si tratta di omicidio… sul movente io non posso ancora dire nulla”. Così parla Ivan Leotta, papà di Joele ucciso a pugni nel suo appartamento a Maidstone, nel Kent, dove si era trasferito da una decina di giorni per studiare e lavorare.
“Era arrivato solo una settimana fa, escludo abbia avuto il tempo di infilarsi in situazioni di rischio“. Col cuore spezzato papà Leotta non grida al razzismo ma guarda in faccia alla tragica realtà: suo figlio, di appena 19 anni, gli è stato strappato via in un’assurda notte di violenza.
“Mio figlio era arrivato qui lunedì 14 e il giorno dopo aveva cominciato a lavorare nel ristorante Vesuvius a Maidestone dove aveva trovato anche alloggio – ha spiegato ancora il padre – Se non sbaglio il ristorante è gestito da italiani”. “Conosco anche l’altro ragazzo aggredito con il quale abbiamo cercato di parlare appena arrivati in Inghilterra – ha aggiunto Leotta – ma è ancora sotto shock oltre che malridotto per il pestaggio subito”.
Tornando sul movente Ivan Leotta ha ribadito di non aver avuto conferma che l’aggressione abbia avuto uno sfondo razzista. “Ma nel pomeriggio ho appuntamento con gli investigatori che si occupano del caso – ha detto – per telefono non hanno voluto dirmi nulla”.
Joele è stato ucciso a calci e pugni da un gruppo di ragazzi, tra i 21 e i 25 anni. Una spedizione punitiva in piena regola: i presunti colpevoli lo hanno seguito a fine turno, dal ristorante dove aveva trovato lavoro, fin nel suo appartamento. Hanno sfondato la porta di casa gridando “Italiani di m… ci rubate il lavoro” e hanno pestato a sangue lui e il suo amico, Alex Galbiati, fortunatamente sopravvissuto all’agguato.
L’aggressione è avvenuta verso le 22,30, ora italiana di domenica sera. I familiari di Joele sono partiti lunedì in giornata appena hanno potuto. “Joele era felicissimo di questa esperienza – racconta il padre con la voce rotta dall’emozione – noi siamo tutti talmente frastornati che non riusciamo neppure a pensare, ora vogliamo capire, poi vedremo cosa fare, mio figlio non era uno a cui piaceva far l’attacabrighe e comunque, ripeto, era appena arrivato, non avrebbe neppure avuto il tempo per venire in attrito con qualcuno”.
La polizia continua a sostenere che “non si può ancora parlare di movente razziale, in quanto le indagini per stabilire l’accaduto sono tuttora in corso”.