Marisa Merico, principessa della Mafia: dalla ‘ndrangheta all’Inghilterra

di Francesco Montorsi
Pubblicato il 21 Febbraio 2013 - 07:11| Aggiornato il 13 Luglio 2022 OLTRE 6 MESI FA

BLACKPOOL – La principessa della mafia parla italiano anche se vive all’estero. Chi la vedesse oggi, non potrebbe che parlare di una vita normale, lontana dai riflettori, perfino banale. Madre e nonna, Marisa Merico, cittadina inglese di origine italiana, vive a Blackpool, una località sul mare nell’Inghilterra del Nordest. Rispettabile, borghese, 42 anni portati bene, una chioma scura, occhiali Dolce e Gabbana.

Sul muro della sua cucina è attaccato un poster con la scritta «Stai calmo e vai avanti». Alla giornalista venuta intervistarla sul suo passato, Marisa dice, guardando la scritta sul poster: «E’ quello che penso. Ed è per questo che ero la capa del mio clan. Perché sono una persona ragionevole».

Marisa sarà pure una persona ragionevole. Ma il suo curriculum è quello di una pericolosa criminale, implicata in traffici di droga, di armi pesanti, in omicidi, in guerre di mafia. Nel 1992, quando il padre, Emilio Di Giovine, potente boss della ‘Ndrangheta milanese, viene arrestato in Portogallo, Marisa ha solo 22 anni, ma ha già una posizione di rilevo nella famiglia. Non tutti si aspettano però che la ragazza si innalzi sul trono del comando lasciato vuoto.

«Nessuno mi ha obbligato– confessa quella che è stata chiamata dai tabloid la Principessa della Mafia – ma mi sentivo obbligata a farlo. Quando la nave affonda, non scappi».

Quella nave che stava affondando nel 1952 e di cui Marisa ha presto il timone era, da diverse generazioni, un’impresa di famiglia rinomata nel commercio della droga e nel racket. La nonna di Marisa, Maria Serraino, partorisce dodici figli sul tavolo della cucina del suo appartamento di piazza Prealpi.

I bambini non sono mandati a scuola ma sono arruolati fin da giovani in uno speciale esercito familiare dedito allo spaccio della droga, al racket e alla vendita di armi. Il primo figlio di Maria, Emilio di Giovine, diventa un giovane boss. Tra un colpo ed un altro, Emilio entra ed esce di prigione.

Fin da giovane, per amore del padre, Marisa scegli di diventare anch’essa mafiosa. Il suo battesimo, il suo primo colpo, poco dopo la maggiore età, è legato al traffico di eroina (una tradizione di famiglia). Poi, insieme al compagno, si occupa di tutte le attività criminali ereditate dalla famiglia, fino ad assumere il controllo del clan. Negli anni novanta, diventa particolarmente attiva nel traffico di armi pesanti grazie ai suoi contatti con i Balcani. Marisa compra perfino un elicottero d’assalto, parte di un piano d’evasione per far uscire di prigione il padre incarcerato.

Poi, un giorno, mentre si nasconde in Inghilterra, Marisa sente bussare alla porta. E’ la polizia inglese, che viene a notificargli l’arresto per riciclaggio e traffico di droga. I cinque anni seguenti sono spesi lontani dalla famiglia e dalle attività criminali nel rinomato blocco H del carcere di Durham. I dieci anni di carcere che dovrebbe poi scontare in Italia sono invece abbonati a causa di un cavillo giudiziario, un errore nella procedura di estradizione.

Nella ‘ndrangheta, l’implicazione criminale delle donne è una pratica comune. Le ‘ndrine sono fondate su vincoli di parentela e, in queste associazioni, le donne hanno la funzione codificata di ricordare agli uomini che il sangue chiama sangue, che la vendetta è un obbligo “morale”. Oppure, come nel caso di Marisa, per assumere il ruolo di comando, quando gli uomini sono uccisi.