Marlene Dietrich la tirannicida: “Volevo sedurre Hitler e ucciderlo con una spilla avvelenata”

di Dini Casali
Pubblicato il 18 Aprile 2011 - 13:13| Aggiornato il 14 Luglio 2011 OLTRE 6 MESI FA

Marlene Dietrich nell'Angelo Azzurro

BERLINO – “Fossi stata io al posto di Eva Braun nel letto di Hitler, il mondo si sarebbe risparmiato una guerra”: l’aspirante tirannicida si chiamava nientemeno che Marlene Dietrich, che per colpire a morte il fuhrer aveva pensato a una spilla intinta nel veleno. L’Angelo Azzurro dell’espressionismo tedesco e all’epoca la star più luminosa che la Germania avesse mai prodotto, come disgraziatamente è noto, non riuscì a realizzare il suo piano, ma ne rivelò i particolari a Douglas Fairbanks junior, nell’intimità di una alcova hollywoodiana. Oggi quella conversazione notturna è finita in una nuova biografia dell’attrice firmata da Charlotte Chandler, di imminente uscita.

Il piano non era un granché, ma insomma, basta il pensiero. In pratica Marlene si era ripromessa innanzitutto di avvicinare il ministro della Propaganda Goebbels. Il geniale e demoniaco “pubblicitario” della gloria del reich si spese freneticamente per guadagnare alla causa nazista tutti i nomi dello spettacolo tedesco, convincendoli uno a uno a restare in Germania. La Dietrich, approfittando del suo grande ascendente e conscia di essere la stella più ambita, avrebbe dovuto acconsentire ai disegni di Goebbels a patto che lui le procurasse un incontro privato con Hitler. “Progettavo di vederlo da sola e di confessargli il mio amore incondizionato, e di dirgli che ero pronta ad andare con lui in camera da letto, se necessario anche nuda.” Poi la spilla avrebbe fatto il resto. Le cose andarono diversamente, la Dietrich scappò in America e da lì si distinse come fiera oppositrice del regime.

I dubbi circa una possibile enfatizzazione di un simile progetto vanno messi nel conto in occasione del lancio editoriale di una biografia. Tuttavia una Dietrich che in baby-doll fa secco il più brutale dei dittatori è un’immagine che ci conforta e le rende comunque onore. Non va dimenticato che nel dopoguerra la maggioranza dei tedeschi non avrebbe perdonato il suo zelo anti-patriottico.

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