Rouen, secondo killer un ventenne schedato come “a rischio”

di redazione Blitz
Pubblicato il 27 Luglio 2016 - 14:06 OLTRE 6 MESI FA
Rouen, secondo killer un ventenne schedato come "a rischio"

Rouen, secondo killer un ventenne schedato come “a rischio” (in foto padre Jacques)

PARIGI – Sarebbe un ventenne anch’esso schedato dalle autorità francesi con la lettera ‘S’ delle persone a rischio radicalizzazione il secondo uomo responsabile dell’attentato nella chiesa di Saint-Etienne-de-Rouvay, nei pressi di Rouen, in Normandia. Secondo Le Point, che cita fonti vicine all’inchiesta, le sue iniziali sarebbero A.M.P, ma si attende la conferma dei test del dna.

Anche Adel Kermiche era sorvegliato: era stato in carcere perchè aveva tentato di raggiungere la Siria per due volte. Aveva il braccialetto elettronico. Ma entrambi, seppur sorvegliati, sono stati in grado di entrare in quella chiesa e sgozzare il sacerdote. Adel sarebbe stato “folgorato” dopo la strage al settimanale satirico Charlie Hebdo e avrebbe tentato allora di unirsi alla jihad in Siria. Ma questa è solo una parte della storia. Perché l’attentatore, fino al 18 marzo scorso, era saldamente nelle mani dello Stato, detenuto a Parigi e assicurato alla giustizia.

Fino a quando non gli è stata riconosciuta una misura alternativa al carcere, domiciliari e braccialetto elettronico, la possibilità di uscire durante la settimana tra le 8 e 30 e le 12 e 30 senza la sciare il dipartimento. Di martedì, tra le 8 e 30 e le 12 e 30, Adel Kermiche partecipava allo sgozzamento in chiesa a Saint-Etienne-du-Rouvray.

Il quotidiano Le Monde ha ricostruito i passaggi che hanno condotto alla fatale liberazione di quello che fino a ieri era considerato solo un potenziale pericolo, un aspirante terrorista. Sottoposto a controllo giudiziario a marzo 2015 dopo un tentativo di raggiungere la Siria agli ordini del Califfato, fu imprigionato due mesi dopo quando ci ha riprovato.

A questo punto il detenuto Kermiche, una storia di disagio psichico registrato già quando aveva 6 anni e ricoveri sistematici in strutture psichiatriche, divide la cella con un saudita e un giovane francese che si era unito allo Stato Islamico. Vive male la sua detenzione, al punto che un ragguaglio conoscitivo sulle sue condizioni viene istruito in ottobre. A febbraio 2016 le conclusioni della giudice che rivede la posizione del detenuto.

A nulla valgono le controdeduzioni del pubblico ministero che sostiene l’accusa: c’è il pericolo che reiteri il reato, deve restare dentro. Invece viene scarcerato con le modalità che sappiamo. La giudice, che vuole credere a un avvenire possibile per questo giovane turbato, motiva l’ordinanza sulla base di varie circostanze, per cui il giovane avrebbe “preso coscienza dei suoi errori”, ha avuto “idee suicide in carcere”, sarebbe “determinato a iniziare i passi necessari a una maggiore integrazione”, la sua famiglia è disposta a garantire “inquadramento” e “custodia”. Il giudice istruttore ne ha preso atto e spalancato le porte del carcere.