Salah Abdeslam, come è stato catturato: impronte e…

di Redazione Blitz
Pubblicato il 19 Marzo 2016 - 09:27 OLTRE 6 MESI FA
Salah Abdeslam, come è stato catturato: impronte e...

Salah Abdeslam, come è stato catturato: impronte e…

BRUXELLES – Impronte digitali del ricercato numero 1 per gli attentati di Parigi, Salah Abdeslam, sono state ritrovate nell’appartamento perquisito dalla polizia a Forest vicino Bruxelles dove è avvenuta la sparatoria in cui è rimasto ucciso un terrorista. Lo comunica la Procura federale belga.

La Procura non ha però voluto fornire altri dettagli “nell’interesse dell’inchiesta”. Si apre così l’ipotesi che uno dei due uomini in fuga dall’appartemento della rue du Dries possa essere stato Salah. Le impronte digitali, però, non sono databili, quindi non si può sapere a quando queste risalgano. Impronte e tracce di dna di Salah erano infatti già state ritrovate lo scorso 10 dicembre in un altro appartamento servito da covo terroristico perquisito a Schaerbeek, in rue Henri Bergé, dove erano state rinvenute anche tracce di esplosivo usato per fabbricare le cinture dei kamikaze.

Stefano Montefiori sul Corriere della Sera racconta tutte le tappe che hanno portato all’arresto di Salah:

Bilal Hadfi, Ukashah al Iraqi e Ali al Iraqi si sono fatti saltare in aria davanti allo Stade de France. Ismaël Omar Mostefaï, Samy Amimour e Foued Mohamed-Aggad sono morti assieme alle loro 90 vittime al Bataclan. Brahim Abdeslam, il fratello di Salah, ha azionato la sua cintura esplosiva in un ristorante del boulevard Voltaire, mentre per Chakib Akrouh e Abdelhamid Abaaoud è finita sparando e facendosi esplodere durante l’assalto delle forze speciali francesi pochi giorni dopo, il 18 novembre a Saint-Denis. Lui, il decimo uomo del commando, all’alba del 14 novembre viaggia verso il Belgio mezzo sdraiato sul sedile posteriore di una Golf, sprofondato nel giaccone e la testa nascosta sotto cappuccio della felpa. «Molto nervoso, minacciava continuamente di farsi esplodere in auto, non voleva che rallentassimo», diranno sotto interrogatorio i due uomini che cercano di salvarlo. «Se mi prendono i francesi mi torturano — grida in auto Abdeslam —, mi vendicherò, pagheranno per la morte di mio fratello». Con chi ce l’ha? Si direbbe con i compagni terroristi, soprattutto. È chiaro che la sera prima qualcosa non è andato secondo i piani: il telefonino di Abdeslam è stato individuato nel XVIII arrondissement, dove secondo la rivendicazione dell’Isis avrebbe dovuto svolgersi un quarto attacco, mai avvenuto.

Comunque, in fuga verso il Belgio, l’auto viene fermata tre volte dalla polizia francese: sull’autostrada nei pressi di Cambrai, non lontano dalla frontiera, alle 9 e 10, Salah Abdeslam dà all’agente persino il suo indirizzo di Molenbeek. Ma lo lasciano andare: in quelle ore Abdeslam non è ancora schedato. Una mediocre prestazione delle forze dell’ordine della Francia, che nei mesi successivi sarà ciò nonostante pronta a scaricare colpe sul Belgio nonostante i proclami sulla «impeccabile collaborazione» tra le due polizie. Il 14 novembre Salah Abdeslam arriva a Bruxelles. Vuole cambiare aspetto, al mercato compra dei jeans neri e una giacca, abbandona la felpa con cappuccio, va dal parrucchiere e cerca di tingersi ma non lo accontentano, il barbiere ha finito la tintura. Allora si taglia i capelli a zero e si depila una parte del sopracciglio. Compra un cellulare da 20 euro e si fa portare a Schaerbeek, non a Molenbeek infestata ormai di poliziotti.

La svolta, un po’ per caso, il 15 marzo quando sei poliziotti francesi e belgi entrano in un appartamento che credono vuoto (acqua ed elettricità sono staccate) a Molenbeek. Invece trovano tre uomini. Uno, l’algerino Mohamed Belkaïd, viene ucciso da un tiratore scelto. Gli altri riescono a scappare sui tetti, e uno dei due è Salah Abdeslam. Ieri sera l’arresto in rue des Quatre Vents.