Spagna, tragedia Erasmus. Racconto di un superstite

di Redazione Blitz
Pubblicato il 23 Marzo 2016 - 09:51 OLTRE 6 MESI FA
Spagna, tragedia Erasmus. Racconto di un superstite

Spagna, tragedia Erasmus. Le ragazze italiane morte

ROMA – A Pomeriggio 5, nella giornata del 22 marzo, la testimonianza di un ragazzo scampato miracolosamente alla morte, tra i passeggeri dell’autobus ribaltatosi in Catalogna, nella zona di Tarragona, domenica scorsa, e costato la vita a 13 ragazze, tutte studentesse Erasmus tra i 19 e i 25 anni di sei diverse nazionalità, 7 delle quali erano italiane.

“Ho capito immediatamente, poco prima di ribaltarci, che stava succedendo qualcosa e ho avuto il tempo di attaccarmi al seggiolino. Questo mi ha salvato la vita, perché quando il pullman si è ribaltato ho visto tante persone cadere a testa in giù. Poi, una volta che il mezzo si è fermato, una ragazza è riuscita ad aprire il tettuccio ed è da lì che siamo scappati fuori” – queste le sue parole riportate in una lettera – “io sono miope e ho perso gli occhiali, non vedevo nulla, per fortuna gli automobilisti si sono fermati subito, tantissimi già ci aspettavano fuori per aiutarci”.

“Mia figlia e le altre ragazze italiane volevano fermarsi a dormire a Valencia quella notte dopo la festa dei fuochi ma non trovarono posto perché in città era tutto esaurito”, rivela Alessandro Saracino, papà di Serena, una delle vittime. Non solo. Quando venne il momento di risalire sui pullman per far ritorno a Barcellona, domenica all’alba, ci fu uno scambio fatale. “Annalisa mi ha detto che erano stati assegnati loro dei posti sul bus numero uno. E invece, non ho capito per quale ragione, forse per seguire gli amici, alla fine sono salite sul numero cinque, l’ultimo”, aggiunge Paolo Riba, il padre di Annalisa, la sola sopravvissuta della comitiva delle studentesse partite insieme per l’Erasmus.

L’ultimo bus, quello del tragico schianto. Il resto lo racconta la stessa Annalisa, bloccata su un letto d’ospedale a Tortosa con una lesione cervicale. La ragazza ha il volto tumefatto e una specie di corona sulla testa. Con, dietro, due pesi che le tengono in trazione la schiena: “Ricordo che ho sentito un fracasso improvviso — ha detto ieri a suo padre — poi mi sono ritrovata sotto un sedile, incastrata. Allora ho urlato in tutte le lingue chiedendo aiuto, finché per miracolo ho visto spuntare due braccia che mi hanno sollevato e tirato fuori. Due braccia sconosciute. Ora vorrei tanto incontrare il mio angelo salvatore”.