Stewart Adams, il padre dell’ibuprofene, è morto. Lo testò su se stesso per smaltire una sbornia

di Redazione Blitz
Pubblicato il 1 Febbraio 2019 - 09:42 OLTRE 6 MESI FA
Stewart Adams, il padre dell'ibuprofene, è morto. Lo testò su se stesso per smaltire una sbornia

Stewart Adams, il padre dell’ibuprofene, è morto. Lo testò su se stesso per smaltire una sbornia

ROMA – Decenni di ricerca e di test, ma anche una sbronza provvidenziale. C’è questo e molto altro nella singolare biografia di Stewart Adams, morto a 95 anni a Nottingham dopo aver legato il suo nome alla scoperta dell’ibuprofene, il principio attivo di uno degli antidolorifici più usati al mondo da ormai mezzo secolo. Il dottor Adams, come tutti lo chiamavano, si è spento ieri circondato dalla famiglia, ha reso noto oggi il figlio Charles citato dai media britannici.

E la notizia è stata accolta dall’omaggio della comunità scientifica, ma anche del grande pubblico, nel ricordo di quella scoperta giovanile destinata sia a cambiare la sua vita sia a migliorare quella di milioni di altre persone afflitte da dolori reumatici o fastidi vari. Nato nel 1923 a Byfield, nel Northamptonshire, in una famiglia semplice, Adams raccontò nel 2015 alla Bbc d’aver avuto la prima conferma cruciale che l’ibuprofene funzionasse sperimentandolo su se stesso per curare gli effetti di una sbornia alcolica e poter parlare in condizioni accettabili a un convegno.

Anche se poi gli occorsero circa 10 anni per mettere a punto definitivamente il farmaco e altri 7 per vedere concesse le prime autorizzazioni a prescriverlo. Ma al di là degli aneddoti, la sua avventura umana e di ricercatore fu per molti versi eccentrica quanto esemplare. Lasciata la scuola a 16 anni, esordì come apprendista in una farmacia della catena del gruppo farmaceutico Boots. Salvo trovare la forza per riprendere gli studi, laurearsi presso l’università di Nottingham – nel cuore operaio e minerario delle Midlands inglesi del dopoguerra – e acquisire in seguito un PhD in farmacologia nella non lontana Leeds.

Nel 1952 tornò quindi a lavorare presso la Boots Pure Drug Company Ltd, ormai in veste di studioso nei laboratori del principale centro di ricerca della holding. Centro laddove elaborò i suoi test sull’ibuprofene fra la metà degli anni ’50 e i ’60 e in cui trascorse la propria intera esistenza professionale fino a diventare direttore dei programmi scientifici di tutta la Boots Uk. Non senza vedersi riconoscere un dottorato onorario dalla sua alma mater e due dei massimi riconoscimenti della Royal Society of Chemistry britannica.

La sua carriera e il suo “contributo al benessere dei pazienti” restano “una fonte di ispirazione”, ha commentato il professor Kevin Shakesheff, dell’University of Nottingham. Egli, ha aggiunto tracciandone l’elogio funebre, “sarà ricordato in particolare per il successo nell’aver creato uno dei più importanti antidolorifici al mondo e per essere stato capace di reagire ai fallimenti dei primi esperimenti prima di mettere a punto col suo team l’ibuprofene”. Aguzzando l’ingegno grazie anche alla spinta di un bicchierino di troppo.