Ungheria, fiaccolata degli studenti contro la legge bavaglio

Pubblicato il 22 Dicembre 2010 - 08:51 OLTRE 6 MESI FA

Il premier dell'Ungheria Viktor Orban

Gli universitari ungheresi hanno protestato, lunedì sera, contro la legge bavaglio dei media durante la votazione in Parlamento. Circa 1.500 persone vi hanno partecipato, attraverso una fiaccolata,  mentre il Parlamento approvava la legge voluta dal governo conservatore del premier Viktor Orban per controllare tutti i media.

L’organizzazione della proposta è avvenuta tramite Facebook: i partiti erano pregati di non aderire. I manifestanti hanno reclamato la libertà di stampa, minacciata a loro avviso dalla nuova legge che prevede interferenze sul contenuto per tutti segmenti dei media: televisione, radio, stampa e internet. Il timore dei dimostranti e di molti osservatori e che, per evitare sanzioni e multe salate che potrebbero significare la fine soprattutto dei giornali più piccoli e indipendenti, le testate si autoregoleranno come nei tempi del comunismo, praticando l’autocensura.

La legge mette dei paletti piuttosto rigidi ai media. Una nuova Autorità, nominata solo dal partito di maggioranza Fidesz, potrà sanzionare con multe salate tutti i media in casi di ”violazione dell’interesse pubblico”. La controversa legge prevede inoltre la soppressione delle redazioni di news dalla tv e alla radio, per farle confluire in un unico centro di notizie presso l’agenzia di stampa nazionale, Mti, al fine di garantire una confezione uniforme delle notizie su tutti i media pubblici.

I giornalisti investigativi saranno inoltre tenuti a rivelare le loro fonti. I telegiornali dovranno rispettare un tetto del 20% per le notizie di cronaca nera e il 40% della musica trasmessa dovrà essere di provenienza ungherese.

Il premier Orban, spiega che bisognava fare ordine nel caos dei media pubblici (tv senza presidente da anni perché l’autorità prima, paritetica, non riusciva ad accordarsi su nessun candidato). Ma giornali e radio liberali e di sinistra temono una campagna da del governo per imbavagliare il dissenso.