Video choc nei cellulari dei migranti. Si allenano a torture

di Redazione Blitz
Pubblicato il 13 Ottobre 2015 - 18:15 OLTRE 6 MESI FA
Video choc nei cellulari dei migranti. Si allenano a torture

Video choc nei cellulari dei migranti. Si allenano a torture

ROMA – Percosse, schiaffi, torture, persino colpi di fucile. Tutto messo in video, tutto registrato e caricato su alcuni telefoni cellulari trovati in Ungheria, a Rozske, uno dei punti in cui nei giorni scorsi c’è stata la più alta concentrazione di migranti. Telefoni (quasi tutti iPhone) che dai migranti sarebbero stati lasciati là e quindi trovati dalla polizia ungherese.

Una vicenda in cui non tutto è chiarissimo: perché dei migranti dovrebbero abbandonare una serie di iPhone? Soprattutto un iPhone con un contenuto evidentemente delicato. Sta di fatto che sul contenuto di quei telefoni i media ungheresi hanno costruito un vero e proprio caso consultando addirittura uno psicologo.

In effetti i filmati sono inquietanti: in uno, per esempio, si vedono due ragazzi molto giovani che si schiaffeggiano selvaggiamente. Dietro di loro un uomo con in mano una pistola li esorta a colpirsi ancora più forte. E sullo sfondo altri ragazzi che osservano la scena in modo assolutamente apatico, come se fosse una scena ordinaria e normale.

Scrive il Giornale:

Secondo gli psicologi, questo video dimostra un modo per preparare i “miliziani” alle torture fisiche e psicologiche. Si colpiscono con pugni e schiaffi. Prima uno e poi l’altro. Vicino a loro un uomo con una pistola in mano che li incita a picchiarsi ancora più forte. Mentre gli altri ragazzi guardano la scena senza dimostrare particolare stupore, come se tutto fosse “normale”. Secondo lo psicologo criminale intervistato dalla televisione, quello che dimostrano questi video è il fatto che si stanno allenando a considerare queste pratiche come una parte della loro natura. “Sono allenati a resistere mentalmente in caso di interrogatorio, la loro resistenza all’aumentare del dolore fisico”. “Il motivo per cui combattono – continua lo psicologo – è perché devono imparare ad essere aggressivi anche nei confronti dei loro parenti. E’ parte della loro cultura – continua – quindi se c’è poco tempo per risolvere un conflitto loro risolvono e si attaccano con un ‘Ti uccido'”.

Secondo lo psicologo, per queste persone la vita non ha un valore. Mentre lo ha – e molto elevato – la morte. “Essere un kamikaze – aggiunge – è come un onore e c’è competizione tra loro”.