Wilfrid Mann, sesto uomo delle spie sovietiche a Cambridge

di Redazione Blitz
Pubblicato il 8 Settembre 2015 - 07:00 OLTRE 6 MESI FA
Wilfrid Mann, sesto uomo delle spie sovietiche a Cambridge

Wilfrid Mann, sesto uomo delle spie sovietiche a Cambridge

ROMA – Wilfrid Basil Mann, “atomic man”, morto nel 2001, il più importante fisico inglese nel campo della radioattività, inviava a Mosca segreti nucleari che aiutarono Stalin a sviluppare il suo programma atomico. Andrà perlomeno aggiornata la classificazione dei magnifici 5 appartenente all’elite inglese sedotta e convinta dall’Unione Sovietica negli anni ’30 a tradire la Corona britannica: con Mann per la prima volta è stato reso pubblico il nome del sesto uomo del cosiddetto “Cambridge’s spy ring”, il circolo di spie educato all’ombra dei viali della prestigiosa università travolta dal vento irresistibile del marxismo.

Dovevano essere cinque. Mann stesso, nella sua autobiografia del 1979 (“Was there a fifth man?”) si chiedeva retoricamente se esistesse un quinto uomo, negando in effetti ogni indiscrezione che pure da anni circolava. All’epoca l’identità del quinto uomo non era ancora nota (venne fuori che si trattava con ogni probabilità di John Cairncross, l’unico “proletario” del gruppo). La scoperta progressiva dei primi 4 svelò il grado di influenza raggiunto dalla penetrazione sovietica in Gran Bretagna.

Kim Philby, il più famoso, il primo ad essere reclutato, il terzo ad esser scoperto prima di scappare e finire i suoi giorni alcolizzato a Mosca, fu membro autorevole dell’MI6, il Secret Intelligence Service. Dove portò con sé Guy Burgess, il secondo uomo, stessa estrazione ma maggiore aggressività sessuale in un gruppo dove praticamente erano tutti gay.

Il primo uomo Donald Maclean, era proprio colui al quale Wilfrid Mann, grazie alla sua competenza scientifica, spiegava e traduceva le informazioni raccolte all’ambasciata inglese di Washington (lì Maclean era primo segretario) sui programmi nucleari americani da girare ai russi. Il quarto uomo, Anthony Blunt fu scoperto assai più tardi e pubblicamente messo alla gogna alla fine degli anni ’70 da Margareth Thatcher.

Storico dell’arte e insigne esperto di Poussin, era di casa a Buckingham palace perché curatore della collezione privata della Regina, che lo nominò baronetto. Con Wilfrid Mann sale ancora, se possibile, il livello intellettuale e culturale (Mann era l’affluente  inglese del progetto Manhattan che portò alla bomba atomica Usa) di quei giovani innamorati di Stalin che nell’ombra tramarono contro il loro paese, decidendo della morte di molti agenti britannici, aiutando il nemico nella Guerra Fredda.

In un film come Another Country, dove un giovane Rupert Everett interpreta l’agente doppio-giochista Guy Burgess negli anni di formazione al college, è restituito quel clima insieme vittoriano-disciplinato e decadente-omosessuale che accolse l’ubriacatura sovietica anche delle menti più attrezzate.  Del grande scrittore irlandese John Banville, la trasposizione letteraria della vicenda di Anthony Blunt nel romanzo “L’intoccabile”.

Di Wilfrid Mann si è tornati a parlare grazie alle nuove prove documentarie raccolte da Andrew Lownie nella stesura della nuova biografia di Guy Burgess(di cui pubblica un’ampia copertura il Daily Mail). In sostanza era stato scoperto dagli americani già negli anni ’50: barattò immunità e residenza americana vendendo informazioni utili.