RAVENNA – Ha ascoltato il verdetto impassibile, con lo sguardo fisso verso il presidente della Corte d’Assise che stava leggendo il dispositivo. Dopo sei ore di camera di consiglio, è stato condannato all’ergastolo il 53enne dermatologo delle dive Matteo Cagnoni, accusato dell’omicidio pluriaggravato (da premeditazione e crudeltà) della moglie [ App di Blitzquotidiano, gratis, clicca qui, – Ladyblitz clicca qui – Cronaca Oggi, App su Google Play ], la 39enne Giulia Ballestri ammazzata la mattina del 16 settembre 2016 a Ravenna in una villa di famiglia da tempo disabitata.
La Corte ha dunque accolto la ricostruzione della Procura che per Cagnoni aveva delineato un movente legato alla separazione della moglie, da alcuni mesi assieme a un altro uomo, Stefano Bezzi, presente in aula. Dove inoltre, in prima fila davanti a una delle sedie destinate al pubblico, le associazioni a tutela delle donne hanno lasciato un paio di scarpette rosse durante l’intera udienza: a testimoniare che quello era simbolicamente il posto riservato a Giulia.
Così Cagnoni – secondo le verifiche della polizia coordinate dai Pm Alessandro Mancini e Cristina D’Aniello – aveva attirato la donna dentro a quella villa disabitata con la scusa di volerle mostrare alcuni quadri da piazzare a un gallerista. Quindi l’aveva ammazzata con un tronco tagliato da una loro villa sul litorale e appositamente portato sulla scena del crimine. Poi aveva trascinato il corpo della consorte nello scantinato là dove – prosegue l’accusa – aveva reagito agli ultimi sussulti della donna fracassandole la testa contro lo spigolo del muro.
A quel punto con i tre figli minorenni, ora affidati al fratello della defunta, era partito alla volta della villa paterna di Firenze dove era stato fermato dalla polizia alle prime ore del 19 settembre, dopo una rocambolesca fuga per i campi iniziata verso mezzanotte con un acrobatico salto dalla finestra della villa immortalato dalle telecamere di videosorveglianza della dimora. Fin dal primo interrogatorio di convalida davanti al Gip fiorentino, Cagnoni si era proclamato innocente: una posizione, la sua, ribadita nelle tantissime lettere inviate dal carcere ad amici, conoscenti e persino ai magistrati.
Intanto però gli inquirenti stavano raccogliendo elementi a suo carico, a partire dalle impronte sul sangue di Giulia lasciate su un frigorifero e una parete, e attribuite dalla Scientifica proprio a Cagnoni. L’imputato, anche attraverso i suoi legali Giovanni Trombini e Francesco Dalaiti, ha cercato di smontare il castello accusatorio arrivando a prospettare che si fosse allontanato dalla villa quando Giulia era ancora viva. E che a ucciderla fossero stati due malintenzionati che l’avevano seguita sfruttando una porta aperta su un terrazzino.
Una ricostruzione che, secondo l’accusa, mal si conciliava tra l’altro con il maldestro tentativo di ripulitura della scena del crimine che un delinquente occasionale non avrebbe avuto l’animo di fare. Dopo il deposito delle motivazioni, che avverrà entro 90 giorni, appare scontato che Cagnoni presenti appello. Nel frattempo dovrà rimanere in cella. E presto potrebbe essere trasferito dal carcere di Ravenna dov’è rinchiuso da oltre un anno.