Adalberto Chignoli ammazzò la figlia: gli scontano la pena perché cella troppo piccola

di redazione Blitz
Pubblicato il 2 Ottobre 2017 - 23:42 OLTRE 6 MESI FA
Adalberto Chignoli ammazzò la figlia: gli scontano la pena perché cella troppo piccola

Adalberto Chignoli ammazzò la figlia: gli scontano la pena perché cella troppo piccola

PADOVA – Esattamente 10 anni fa, era il 1 ottobre del 2007, Adalberto Chignoli ammazzò sua figlia Camilla. Le sparò alle spalle, al primo piano della loro villetta a Padova, scaricandole addosso l’intero caricatore della sua revolver. L’arma si inceppò, ma lui determinato sparò più e più volte. Oggi Adalberto Chignoli ha ottenuto uno sconto di pena: 66 giorni da scalare alla sua condanna di 30 anni. Motivo? La sua cella è troppo piccola, inferiore ai 3 metri quadrati che la dignità impone. Anche ai parricidi.

Adalberto Chignoli, 56 anni, mediatore finanziario e coi debiti fino al collo ucci5e sua figlia neolaureata per ragioni che ancora oggi sono oscure. Forse lei aveva intuito che qualcosa non andava, forse lo aveva rimproverato per quel disastro finanziario: dal 2005 non guadagnava più un soldo bucato e aveva debiti per 700 mila euro. Neppure dinanzi ai giudici aveva saputo fornire un movente.

Finirà di pagare per quell’assurdo delitto il 21 settembre 2035, meno i due mesi e passa che gli sono stati concessi per risarcimento in base a decreto legge 92/2014 che adempie alle direttive della Corte europea dei diritti dell’uomo. Un giorno in meno ogni 10 trascorsi in una cella inferiore a 3 metri quadrati.

Nel frattempo Adalberto Chignoli si è trasformato in detenuto modello: ha ottenuto un permesso di lavoro nel bar del carcere di Verona in cui è recluso. E trascorre i fine settimana facendo volontariato.

Come riporta Il Mattino di Padova:

Eppure, a distanza di dieci anni, resta oscuro il movente del delitto che ha spinto all’orrendo crimine l’uomo, nato a Vaprio d’Adda nel Milanese, cresciuto all’Arcella, studente lavoratore, una carriera in banca lasciata perché decide di mettersi in proprio stregato dal pallino della finanza. Ma il benessere economico viene bruscamente interrotto da un’inarrestabile emorragia di soldi. Chignoli aveva creato la società di mediazione Procredit, dopo essere stato mandato via da Finagen, società di leasing e di credito al consumo dismessa dalla Generali e con cui era in causa. Un’avventura finita male.

Dopo l’arresto ammette: «Dal 2005 non guadagnavo più. Ma non ho mai detto nulla a casa: questo è stato il mio errore». Camilla, forse, aveva intuito. Tanto da aver confidato ad alcune amiche che non sapeva se si sarebbe iscritta alla scuola di specialità dopo aver conseguito la laurea breve: mancavano poche settimane alla morte. Dal padre-killer solo una vaga spiegazione: «Non so cosa mi sia accaduto. Ho parlato con lo psicologo. Mi ha detto che probabilmente in quella mezz’ora di black out della mia mente avrei potuto uccidere chiunque. Se fossero stati in casa, pure mia moglie e l’altro mio figlio». Con gli investigatori, però, Chignoli aveva cercato di cavalcare l’ipotesi che Camilla (gioventù in parrocchia, liceo Marchesi, fresca laurea in Scienze Politiche) si fosse sparata da sola, per sbaglio. Una menzogna: per calcolo o per quella memoria a macchia di leopardo provocata dallo stress dovuto al dissesto finanziario? Dopo l’omicidio forse provocato da un rimprovero della figlia, Adalberto Chignoli ha la freddezza di inviare un sms alla moglie: «Non entrare in casa». Lei, invece, si precipita.