Afghanistan, il ritorno del caporale Miotto, morto “per un caso sfortunato”

Pubblicato il 2 Gennaio 2011 - 20:51 OLTRE 6 MESI FA

La bara di Matteo Miotto

Una ”circostanza assolutamente sfortunata”, l’equipaggiamento era ”adeguato”. Il professor Paolo Arbarello è il medico legale che ha eseguito l’autopsia sul corpo di Matteo Miotto, il giovane alpino ucciso il 31 dicembre da un cecchino in Afghanistan. E da lui arriva una prima risposta all’interrogativo straziante del padre di Matteo: ”Adesso devono dirmi com’è morto”.

Miotto è morto centrato tra la spalla e il collo da ”un solo colpo che ha provocato una lesione che ne ha determinato la morte immediata, qualunque soccorso non sarebbe valso a cambiare le cose”, dice Arbarello, e aggiunge: ”L’equipaggiamento era assolutamente adeguato, c’erano tutte le protezioni adeguate, è stata una circostanza assolutamente sfortunata”.

Il rientro della salma. L’autopsia, disposta di prassi dalla procura di Roma, si è svolta subito dopo il rientro della salma in Italia. All’aeroporto militare di Ciampino si è ripetuto il rituale visto ormai troppe volte: Matteo è la trentacinquesima vittima italiana della missione in Afghanistan, la tredicesima del 2010.

Non c’era il presidente Napolitano, bloccato dall’influenza. Così, a deporre le mani sulla bara avvolta nel tricolore è stato il ministro della Difesa La Russa. Vicino a lui, i vertici delle Forze armate, i genitori e la fidanzata dell’alpino ventiquatrenne, con gli occhiali scuri a coprire le lacrime.

Il commento di La Russa. Un trombettiere del settimo reggimento di Belluno, il reparto di Matteo, ha intonato il Silenzio. La bara è stata portata a spalla dai suoi commilitoni. Un breve e silenzioso corteo fino al carro funebre. Un dolore composto, quello dei genitori di Matteo. Una ”lezione di dignità, la loro – osserva La Russa – che mi fa dire che sarebbe davvero un insulto non portare a termine la missione in Afghanistan con la stessa intensità e dedizione con cui anche Matteo l’affrontava”. Secondo il ministro, ”l’obiettivo è certo di tornare a casa il più presto possibile”, ma ciò avverrà ”solo quando avremo consegnato l’Afghanistan al suo legittimo governo, affinché siano gli afgani in grado di contrastare il terrorismo”. La missione dunque continua.

In Afghanistan. Non c’è stato neanche il tempo dell’ultimo saluto a Matteo che gli alpini della task force centre erano già in azione nella zona di Shindand: un’operazione condotta insieme alle forze di sicurezza afgane, ancora in corso, che ha portato alla cattura di cinque leader talebani. Un altro capo degli ‘insurgents’, invece, è stato preso nel distretto di Bakwa: c’è stato anche uno scontro a fuoco, ma gli italiani non sono stati coinvolti.

Gli avamposti degli alpini continuano ad essere presi di mira da colpi di armi da fuoco leggere, attacchi poco più che dimostrativi, che fino alla morte di Matteo non avevano mai veramente impensierito: ”Più che altro era un modo per ricordarci che loro là fuori ci sono, non una vera e propria minaccia”, spiega una fonte militare.

Ora, invece, il livello qualitativo si è alzato, al punto che al comando del contingente sono propensi a ritenere che a colpire siano stati non manovali della guerriglia, ma ‘professionisti’ venuti da fuori, stranieri. Tiratori scelti perfettamente addestrati.

La camera ardente. A Roma, nel pomeriggio del 2 gennaio, è stata allestita la camera ardente nel policlinico militare del Celio. Tanta gente comune ha reso omaggio alla salma dell’alpino, stringendosi ai familiari. E il 3 gennaio alle 11, nella basilica di Santa Maria degli Angeli, ci saranno i funerali solenni. Il capo dello Stato, per colpa dell’influenza, non potrà partecipare, ma ha già fatto sapere che intende incontrare presto i genitori di Matteo. Di sicuro ci sarà il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.

Il saluto a Thiene. Il 4 gennaio la salma di Miotto – ”un alpino di razza”, l’ha definito un suo comandante – sarà trasferita a Thiene, per l’ultimo saluto della sua città. ”Riportiamo a casa i nostri ragazzi, perché in Afghanistan si continua a morire”, dice il sindaco leghista, Maria Rita Busetti. Le fa eco il parroco Albino Boscolo: ”Ai governanti e ai politici chiediamo che Matteo sia l’ultimo martire di una guerra senza senso”. L’alpino sarà seppellito in prima fila nell’area del cimitero di Thiene dedicata ai Caduti in Guerra: lo aveva chiesto nel suo testamento.

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