Alatri, Mario Castagnacci e la droga: ecco perché è stato scarcerato il giorno prima dell’omicidio

di Alessio Rossini
Pubblicato il 31 Marzo 2017 - 06:16 OLTRE 6 MESI FA
Alatri, Mario Castagnacci e la droga: ecco perché è stato scarcerato il giorno prima dell'omicidio

Alatri, Mario Castagnacci e la droga: ecco perché è stato scarcerato il giorno prima dell’omicidio

Perché Mario Castagnacci, uno dei due fratellastri fermati per l’omicidio di Emanuele Morganti, è stato scarcerato il giorno prima del linciaggio di Alatri, anche se era stato fermato per droga?

Ecco come sono andati i fatti e perché il giudice ha ritenuto di convalidare l’arresto ma allo stesso tempo di rimettere in libertà il 27enne Castagnacci, che secondo gli inquirenti è quello che avrebbe sferrato il colpo mortale al povero Emanuele Morganti, pestato in tre riprese dentro e fuori la discoteca Mirò di Alatri, nella notte fra venerdì 24 e sabato 25 marzo.

Giovedì 23 marzo, quartiere Pigneto, Roma est. Una soffiata porta i carabinieri della stazione di San Pietro in un appartamento del Pigneto. Dentro trovano Mario Castagnacci e altre tre persone e un quantitativo di cocaina, hashish e crack che può configurare anche lo spaccio.

In prima battuta viene data notizia di 300 dosi di coca, 150 di crack e 600 di hashish. La quantità in realtà è nettamente minore e fra le sostanze sequestrate non c’è crack, ma “erba”: 43 grammi di hashish, 6 grammi di marijuana e 7,5 grammi di cocaina.

Il maggiore quantitativo i carabinieri lo trovano addosso a Castagnacci e nella sua stanza, circa 40 grammi fra “fumo”, “erba” e coca. Il giudice alle indagini preliminari, convalidando l’arresto di Castagnacci e degli altri tre rileva che “tutti gli imputati sono stati trovati all’interno di un’abitazione ove erano detenute le diverse sostanze stupefacenti sequestrate, sempre nell’abitazione vi erano strumenti utili al confezionamento delle dosi e appunti che potevano verosimilmente ritenersi riconducibili alla tenuta contabilità con i clienti”. Su Castagnacci si rileva inoltre che “aveva in tasca ulteriore sostanza stupefacente” e che nella sua stanza “era detenuta gran parte della sostanza”. Ma il Gip alla fine ha disposto “l’immediata liberazione degli imputati se non detenuti per altra causa”.

I fermati si sono difesi sostenendo che quella droga sequestrata non era destinata allo spaccio ma al “consumo di gruppo”. Il pubblico ministero aveva chiesto, per Castagnacci, l’obbligo di firma, ma il gip aveva respinto anche l’obbligo di firma. Nel 2011 Castagnacci era stato arrestato: fu trovato in possesso di 5 kg di hashish.

Elementi a discolpa di Castagnacci e dei suoi amici sono innanzitutto che non sono stati colti in flagranza di reato, cioè mentre vendevano droga a qualcuno; non è stato ritrovato in quella casa del Pigneto un bilancino, uno strumento per pesare la droga che equivale alla flagranza e fa presagire lo spaccio; che il quantitativo di droga trovato è alla portata delle loro disponibilità economiche, essendo per lo più composto di marijuana e hashish che hanno un costo basso; che il quantitativo di droga non è ingente: si tratta di marijuana e hashish per 98 volte la quantità consentita per uso personale e di cocaina per 10 volte la soglia consentita. Per capirci, si parla di “ingente” e non “modica” quantità quando si viene trovati in possesso di droga per oltre 4000 volte la dose consentita (esempio: oltre 50 kg di marijuana, oltre 3 kg di cocaina).

Secondo l’avvocato Tony Ceccarelli, che ha difeso Castagnacci nei procedimenti per droga, ma che ha rinunciato a difenderlo per l’omicidio di Morganti, il giudice avrebbe invece accolto la tesi difensiva del “consumo di gruppo”. Sentito telefonicamente dal Fatto, Ceccarelli ha detto:

“Il giudice non ha ritenuto opportuno applicare misure cautelari perché sono riuscito a dimostrare che la droga trovata non era destinata allo spaccio. Il mio cliente, infatti, proviene dalla Roma bene. La sua famiglia possiede negozi di calzature all’ingrosso e Castagnacci, così come gli altri tre arrestati, ha un impiego stabile e un buono stipendio. Insomma, nessuno deve spacciare per vivere. È stato ritenuto che la droga trovata servisse veramente per essere consumata dai quattro. E inoltre è stata riconosciuta la non elevata quantità dello stupefacente, bensì la sua elevata purezza. Può sembrare strano ma le 300 dosi di cocaina trovate equivalgono a 15 grammi”. E perché non hanno pesato i precedenti specifici di Castagnacci? “Il mio cliente poteva restare libero in attesa di un procedimento perché secondo il giudice non rappresentava un pericolo”.

Ma cosa dice la legge su chi viene trovato in possesso di droga in quantità superiore all’uso personale? Lo stabilisce l’articolo 73 del Testo unico sulla droga, (DPR 309 del 9 ottobre 1990).

La valutazione in ordine alla destinazione della droga (se al fine dell’uso personale – penalmente irrilevante – o della cessione a terzi – penalmente rilevante) è effettuata dal giudice secondo parametri come:

    • la quantità,
    • la qualità e la composizione della sostanza, anche
    • in rapporto al reddito del detentore e del suo nucleo familiare nonché
    • la disponibilità di attrezzature per la pesatura o il confezionamento della sostanza oltre che
    • sulla base delle concrete circostanze del caso (cfr. tra le altre, Cass. pen., sez. VI, 19/04/2000, n.6282, D’Incontro).

    La destinazione della droga al fine di spaccio, quindi, è argomentata anche facendo esclusivamente riferimento ad elementi “oggettivi univoci e significativi” (anche senza dichiarazioni di terze persone) come il quantitativo della droga sequestrata, il rinvenimento dello strumentario che lo spacciatore tipicamente utilizza per il confezionamento delle dosi (bilancino, etc.), la ripartizione in dosi singole pronte per la distribuzione, le modalità di detenzione della droga (cfr. ex pluribus, Cassazione, Sez. VI, 1-4-2003, Grisolia).

    Cercando di spiegare i singoli elementi (chiamati indiziari perché costituiscono indizio di un reato):

    1. Quantità

    Maggiore è il peso (lordo) maggiore è la “presunzione” che la sostanza stupefacente sia detenuta ai fini di spaccio (almeno parziale), anche se il solo superamento del cosiddetto peso soglia non comporta di per sé la sussistenza del reato. Se però oltre al peso trovano anche un altro indizio (es. bilancino), la cosa si mette male. Anche peggio se trovano la sostanza ripartita in diverse “pesature” (es. 3 pezzi da un grammo, e ciò perché è indice di un confezionamento per la vendita).

    2. Qualità e la composizione della sostanza, disponibilità di materiale da taglio

    Maggiore è la purezza/qualità della sostanza stupefacente (percentuale di principio attivo) più si suppone che il detentore sia spacciatore e non consumatore. Se trovano più sostanze (cocaina e hashish, ma anche marijuana e hashish), è un indizio per la destinazione a terzi (perché la giurisprudenza nega in genere la possibilità di un cosiddetto poliuso). È evidente che se viene trovata anche sostanza da taglio (tipo mannite), la destinazione a terzi della sostanza è praticamente provata (il consumatore infatti non taglierà mai la sostanza che vuole consumare).

    3. Reddito del detentore e del suo nucleo familiare

    Se viene ritrovata sostanza stupefacente nella disponibilità di chi si dichiara consumatore, l’interessato deve poter provare di avere reddito lecito sufficiente per potersi pagare il consumo. Se il consumatore infatti non ha lavoro ma in sede di perquisizione viene trovata sostanza stupefacente, la giurisprudenza presume lo spaccio per pagare con il ricavato le dosi che vengono consumate. La presenza di soldi contanti è altro indizio (forte) di spaccio.

    4. Bilancino (disponibilità di attrezzature per la pesatura) o il confezionamento della sostanza

    Il ritrovamento di un bilancino (anche non di precisione) significa una condanna (praticamente) certa. Così come la presenza di sacchetti di nylon, magari tagliati, o scatoline, sacchettini con la zip, bustine (es. quelle trasparenti delle sigarette).

    5. Altre concrete circostanze del caso

    Se nel caso specifico mi viene trovato un a certa quantità di stupefacente mentre sto andando ad una festa, divisa in dosi, verrà supposto che io stia andando li per venderla.

    Quanto sopra evidentemente non vale se c’è la prova dello spaccio: se ad esempio vengo colto in flagranza, cioè mentre cedo la droga ad altri, c’è piena prova del reato senza necessità di ricorrere ad indizi (identicamente, basta che una persona dichiari che ha ricevuto dall’indagato della sostanza stupefacente per ritenere accertato il reato di spaccio).

La gravità dei reati legati al possesso di droga va dalla:

  • detenzione per uso personale in quantità superiori alle tabelle fissate nel 2006. In questo caso la persona trovata in possesso di droga riesce a dimostrare – sempre tenendo conto che l’onere della prova spetta alla pubblica accusa – che lo stupefacente è destinato all’uso personale e non allo spaccio. Alcuni elementi indiziari a favore di questa ipotesi sono il ritrovamento di strumenti che provano l’uso personale (nel caso dell’erba, ad esempio, un cilum per fumarla; nel caso della coca, di una pipetta per inalarla). Conta anche l’atteggiamento e la collaborazione della persona al momento della perquisizione.
  • semplice detenzione per uso personale entro le tabelle fissate dal decreto ministeriale 11 del 2006. Nello specifico, si tratta di 750 milligrammi (tre quarti di grammo) per la cocaina, 500 milligrammi (mezzo grammo) per il THC, principio attivo di marijuana e hashish. Se si possiede droga entro queste quantità, non si è nemmeno perseguibili.
  • “acquisto o consumo di gruppo”, quando la droga, seppure in quantità superiori alle tabelle del 2006, è detenuta o acquistata al fine di un consumo di più persone.
  • spaccio di modica quantità, quando c’è la flagranza o la prova di un’attività di spaccio, ma la quantità di stupefacente destinato alla vendita non supera di 4000 volte la dose per uso personale fissata dalle tabelle del 2006. Ricordiamo che nel caso di marijuana e hashish le tabelle parlano del principio attivo, il THC, che di solito è il 5% del peso lordo della droga sequestrata. Quindi, per superare i 2 kg di principio attivo, che è la soglia che divide la modica dalla ingente quantità, bisogna possedere più di 50 kg di hashish o marijuana. Lo spaccio di modica quantità è punito con la reclusione da uno a sei anni e una multa da 3 a 26 mila euro.
  • spaccio di ingente quantità, quando l’attività di spaccio è provata e il quantitativo di droga sequestrato supera di 4000 volte la dose minima consentita. È punito con la reclusione da sei a 20 anni, che possono arrivare a 30 con le aggravanti, e con una multa da 26 mila a 260 mila euro.

Le aggravanti per reati di droga sono fissate dall’articolo 80 del Testo unico del 1990:

Articolo 80
Aggravanti specifiche.

1. Le pene previste per i delitti di cui all’articolo 73 sono aumentate da un terzo alla metà:

  • a) nei casi in cui le sostanze stupefacenti e psicotrope sono consegnate o comunque destinate a persona di età minore;
  • b) nei casi previsti dai numeri 2), 3) e 4) del primo comma dell’art. 112 del codice penale;
  • c) per chi ha indotto a commettere il reato, o a cooperare nella commissione del reato, persona dedita all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope;
  • d) se il fatto è stato commesso da persona armata o travisata;
  • e) se le sostanze stupefacenti o psicotrope sono adulterate o commiste ad altre in modo che ne risulti accentuata la potenzialità lesiva;
  • f) se l’offerta o la cessione è finalizzata ad ottenere prestazioni sessuali da parte di persona tossicodipendente;
  • g) se l’offerta o la cessione è effettuata all’interno o in prossimità di scuole di ogni ordine o grado, comunità giovanili, caserme, carceri, ospedali, strutture per la cura e la riabilitazione dei tossicodipendenti.
  • 2. Se il fatto riguarda quantità ingenti di sostanze stupefacenti o psicotrope, le pene sono aumentate dalla metà a due terzi; la pena è di trenta anni di reclusione quando i fatti previsti dai commi 1, 2 e 3 dell’art. 73 riguardano quantità ingenti di sostanze stupefacenti o psicotrope e ricorre l’aggravante di cui alla lettera e) del comma 1.
    3. Lo stesso aumento di pena si applica se il colpevole per commettere il delitto o per conseguirne per sé o per altri il profitto, il prezzo o l’impunità ha fatto uso di armi.
    4. Si applica la disposizione del secondo comma dell’art. 112 del codice penale.

 

Il consigliere del Csm Pierantonio Zanettin intanto ha chiesto l’apertura di una pratica sul giudice del tribunale di Roma che ha disposto la scarcerazione di Castagnacci.

In una lettera al Comitato di presidenza del Csm, Zanettin sottolinea come “la tragica vicenda di Alatri, con la morte a seguito di un feroce pestaggio di Emanuele Morganti, pone all’opinione pubblica anche seri interrogativi sulla correttezza dell’iter processuale di uno dei due arrestati. Risulta infatti che Mario Castagnacci era stato fermato a Roma giovedì scorso 23 marzo”.

“I carabinieri lo avevano trovato con 300 dosi di cocaina, 150 di crack e 600 di hashish. In passato nel 2011 era già stato arrestato per possesso di 5 chili di hashish. Nonostante la recidiva, il Giudice del Tribunale di Roma, convalidando l’arresto per Castagnacci e gli altri tre complici, ha riconosciuto la tesi difensiva del ‘consumo di gruppo’, che ha portato, nell’udienza per direttissima, celebrata il giorno dopo, alla scarcerazione di tutti gli indagati, con rigetto anche della richiesta del Pm di obbligo di firma. E cosi Mario Castagnacci, alle 2 di notte, è potuto rientrare ad Alatri, ha passato la notte a bere e fumare in compagnia del fratellastro, perdendo la testa al punto di pestare a più riprese il povero Emanuele nella centrale Piazza Regina Margherita”.

Secondo l’esponente del Csm, “la vicenda processuale, frutto di una interpretazione giuridica del fatto reato, che può essere definita, nella migliore delle ipotesi, benevola, merita un approfondimento da parte del Consiglio Superiore della Magistratura per verificare la correttezza dell’iter. E’ del tutto evidente che gli esiti tragici della vicenda non possono essere addebitati al magistrato che ha disposto la scarcerazione dello spacciatore, ma è altrettanto evidente che si sarebbero evitati, applicando canoni ermeneutici diversi e più rigorosi, in tema di spaccio di stupefacenti”.

Alla luce di queste considerazioni Zanettin chiede “l’apertura di una pratica in prima commissione, per valutare se emergano profili di incompatibilità, ex art. 2 della legge sulle guarentigie dei magistrati, nei confronti del Giudice del Tribunale di Roma che ha disposto la scarcerazione, senza obbligo di firma, di Mario Castagnacci, nonostante fosse stato trovato in possesso di grandi quantità di stupefacenti e fosse recidivo”.