Alberto Stasi lavora al call center per 1000 euro e rifiuta l’eredità paterna. Ma deve ai Poggi 1 milione

di redazione Blitz
Pubblicato il 26 Agosto 2017 - 08:03 OLTRE 6 MESI FA
Alberto Stasi lavora al call center per 1000 euro e rifiuta l'eredità paterna. Ma deve ai Poggi 1 milione

Alberto Stasi lavora al call center per 1000 euro e rifiuta l’eredità paterna. Ma deve ai Poggi 1 milione

BOLLATE (MILANO) – Alberto Stasi, condannato per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, oggi lavora come centralinista al carcere di Bollate (Milano) per mille euro al mese. Ha rinunciato all’eredità del padre. Ma deve un milione e centomila euro alla famiglia Poggi e trecentomila euro allo Stato per le spese legali.

Per questo l’avvocato dei Poggi, Gianluigi Tizzoni, ha intenzione di adire le vie legali per ottenere quanto dovuto, spiega Anna Mangiarotti su La Provincia Pavese.

“Alberto Stasi risulta nullatenente e ha rinunciato all’eredità paterna. Ma se è vero che adesso lavora come centralinista al carcere di Bollate per mille euro al mese, vogliamo capire perché il carcere non ha avvisato. E se parte dello stipendio è trattenuta per il risarcimento della parte civile e il pagamento delle spese processuali, come prevede il codice penale. La nostra pazienza è finita. Se Stasi ha lavorato e lavora in carcere, prima come addetto a uno sportello informatico, data la sua laurea in Economia, ora per il call-center di una compagnia telefonica useremo tutte le armi legali per ottenere quanto spetta alla famiglia della vittima”.

Al momento, infatti, Stasi non ha versato ancora nulla di quel che deve ai Poggi e allo Stato. In base alla legge chi sconta una condanna (Stasi è stato condannato a 16 anni per l’omicidio del 13 agosto 2007) va pagato. Ma se il condannato non ha pagato spese legali o allo Stato o danni alle parti civili, devono essere prelevati dallo stipendio fino a due quinti del totale, “da accantonare come risarcimento del danno, per la pubblica spesa di mantenimento del condannato (escluse quelle sanitarie), e le somme dovute come rimborso delle spese processuali”.