Allarme Istat: “Italia a forte rischio depressione come Usa nel 1929”

Pubblicato il 23 Novembre 2011 - 11:41 OLTRE 6 MESI FA

FIUGGI – ”Siamo impreparati a quello che ci aspetta e temo che questa grande repressione si trasformi in una grande repressione”. Lo ha affermato il presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, che, intervenendo a una tavola rotonda del 35/esimo convegno nazionale delle Caritas diocesane, si e’ detto ”molto preoccupato” per le tendenze statistiche dei dati sulla poverta’ che riguardano il nostro Paese.

Dati, ha spiegato, che seppur allarmanti non restituiscono immediatamente la reale incidenza della crisi. Il dato principale di riferimento infatti, ha continuato Giovannini, da tre anni ”rimane invariato e ci dice che l’11% della popolazione e’ sotto la soglia della poverta’ (fissata a 1000 euro di reddito al mese)”. Se la crisi non si ‘vede’, questo dipende dal fatto che alle rilevazioni statistiche sfuggono tre aspetti fondamentali.

”Uno – ha illustrato il presidente Istat -, la crisi ha colpito soprattutto i giovani e non le persone che avevano gia’ un lavoro perche’ e’ stata fatta una scelta politica, quella di mantenere gli occupati al lavoro con la cassa integrazione e buttare a mare i giovani; due, la crisi ha colpito soprattutto i poveri che sono diventati ancora piu’ poveri rimanendo nello stesso segmento di rilevazione statistica; infine, le famiglie, per mantenere lo stesso tenore di vita, hanno cominciato ad erodere i risparmi mantenendo alti i consumi”.

Giovannini ha avvertito pero’ che queste condizioni ”non resteranno cosi”’ e ben presto anche i dati restituiranno il reale quadro della crisi.

”Per questo – ha sottolineato – sono preoccupato perche’ il rischio poverta’ e’ oggi fortemente collegato al concetto di vulnerabilita’. Cio’ vuol dire che c’e’ una forte percezione di insicurezza e studi recenti dimostrano che l’insicurezza ha forti ripercussioni sulla psiche, mentre perdere il lavoro ed essere esclusi dal circuito sociale provoca nelle persone un danno permanente”.

Da qui, il timore di Giovannini per una recessione suscettibile di trasformarsi ben presto ”in una grande depressione come dopo la crisi del ’29”.