Allergica agli odori, deve vivere in auto. Ma viene sommersa di multe

Pubblicato il 9 Settembre 2011 - 12:42 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Malata di  sindrome da Sensibilità Chimica Multipla (Mcs), una patologia che rende sensibilissimi a tutte le sostanze tossiche, e quindi a tutti gli odori, sino a rendere ala vita quasi impossibile. Finita senza lavoro, quindi senza casa. Costretta a vivere in un’automobile. Ed ora, impossibilitata a fare anche quello, dopo quattromila euro di multe per divieto di sosta in due anni.

E’ la storia di Ester, quarantenne, raccontata dal Corriere della Sera. “La mia vita è stata stravolta, non posso entrare a contatto con nessuna sostanza chimica”.

Dieci anni fa la scoperta della malattia: ha lavato i capelli con un balsamo ed è finita in ospedale per una crisi respiratoria. Poi hanno iniziato a darle fastidio l’odore del bucato, quello dei colleghi. Ma secondo i medici si trattava di una semplice “allergia”.

L’unico posto in cui stava bene era la propria auto. Un giorno l’ha parcheggiata vicino all’ospedale San Giovanni di Roma e non si è più mossa da lì. Fino a che la polizia municipale non ha iniziato a farle la multa per divieto di sosta.

Alcuni vigili, ha raccontato Ester al Corriere, hanno iniziato a pensare che fosse matta. Per questo ha dovuto cominciare a portare sempre con sé un certificato di sanità mentale “per essere creduta”.

Per cercare aiuto Ester si è rivolta al proprio medico di famiglia, il dottor Giovanni Belli, che da subito l’ha creduta. “Una notte mi ha chiamato dalla sua auto perché aveva una crisi respiratoria e le ho somministrato del cortisone. Rivolgo un appello ai miei colleghi: non etichettate queste persone come malati psichiatrici, bisogna andare oltre quello che ci hanno insegnato all’università”.

Per Ester non è possibile, infatti, rivolgersi direttamente a un pronto soccorso. Da allora Ester porta sempre con sé anche “un certificato che mi consente di entrate direttamente in codice rosso, senza sostare all’accettazione, perché non posso tollerare neanche i prodotti per lavare i pavimenti”.

“Ascoltando gli altri malati ho capito che quello che feriva di più era l’indifferenza che ci circondava. Con l’associazione “Anchise” abbiamo voluto dare un punto di riferimento a chi deve combattere contro questa patologia. Anche se so che è impossibile vorrei tornare a vivere una vita utile, magari lavorare. Spero che le istituzioni ci aiutino a sentirci ancora parte di questa società”.