Amanda Knox, il nuovo processo partirà dal “memoriale misterioso”

Pubblicato il 27 Marzo 2013 - 10:07| Aggiornato il 16 Novembre 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Si riparte dal memoriale di Amanda. Una descrizione della notte in cui venne uccisa Meredith Kercher resa a caldo in Questura a Perugia. Pagine scritte a penna, in inglese, in cui l’americana finì per accusare Patrick Lumumba, risultato invece estraneo al delitto. Quel memoriale non venne preso in considerazione dai giudici d’Appello perché ritenuto inattendibile. Amanda stessa, che ha sempre accusato i metodi della polizia italiana, disse di essere stata “forzata” a rendere quelle dichiarazioni dopo ore di estenuanti interrogatori. Il nuovo processo d’Appello, che per ordine della Cassazione sarà in mano alla Corte d’Appello di Firenze, secondo Fiorenza Sarzanini del Corriere della Sera ripartirà proprio da quel memoriale:

Fu Amanda la prima a dare indicazioni precise. Disse che la sera del 31 ottobre 2007 era arrivata a casa con Patrick e Meredith. Spiegò che il giovane voleva avere un rapporto sessuale con la sua amica, che i due si erano chiusi in camera e a un certo punto lei si tappò le orecchie per non sentire le grida «anche se avevo capito che cosa stava succedendo». Una dinamica pressoché uguale a quella raccontata da Rudy Guede che in quella casa ci stava davvero e ha ammesso di aver avuto un rapporto con Mez pur negando di essere l’assassino. Patrick e Rudy sono entrambi di colore. Possibile che Amanda abbia accusato uno per coprire l’altro? La ragazza è stata condannata per calunnia, ma i giudici che l’hanno assolta dall’omicidio hanno anche escluso l’aggravante che le era stata contestata «per aver mentito allo scopo di ottenere per sé e per gli altri concorrenti l’impunità dall’omicidio». E hanno aggiunto: «Era certa della completa estraneità di Lumumba all’omicidio, pur essendo ella stessa assolutamente estranea». Una ricostruzione illogica secondo i giudici della Cassazione che hanno ordinato di riesaminare la questione. E hanno accolto l’obiezione dell’accusa: «Se lei non c’era, come faceva a sapere che Lumumba non era nella villetta?».

Si parte da qui, ma si può arrivare lontano. Perché bisognerà riesaminare ogni indizio e analizzare gli elementi contrari, si dovranno rileggere o forse addirittura ripetere alcune perizie con un’attenzione particolare a quelle sul Dna. Si dovrà capire come mai i telefoni di Amanda e Raffaele siano stati muti la notte del delitto – mentre i due avevano l’abitudine di tenerli sempre accesi – e siano tornati raggiungibili all’alba. Appare difficile che i due imputati possano fornire dettagli utili, anche se le loro versioni sono cambiate più volte. E allora si torna a Rudy Guede, al giovane ivoriano che per il delitto è già stato condannato in via definitiva a 16 anni di carcere e si trova tuttora in cella.

Rudy era lì, conosce la verità. Finora ha fornito pure lui una ricostruzione confusa e a tratti inverosimile, in particolare quando ha detto di aver visto due persone scappare via dalla casa ma di non poterle riconoscere. Adesso ha di fronte un’altra occasione. Potrebbe decidere di non lasciarsela scappare.