Ancona, scoperta setta macrobiotica. Gli adepti ridotti in schiavitù: “Una vittima era arrivata a pesare 35 kg”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 14 Marzo 2018 - 15:06| Aggiornato il 15 Marzo 2018 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Una lunga indagine, cominciata nel 2013, in seguito alla denuncia di una ragazza, ha permesso di squarciare il velo su di un mondo assurdo: una vera e propria setta, attiva tra l’Emilia Romagna e le Marche, che basava la propria dottrina sui principi della dieta macrobiotica e sarebbe arrivata a plagiare, secondo l’accusa, pesantemente gli adepti.

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Ai poliziotti la giovane ha raccontato di aver creduto ai benefici miracolosi promessi dal circospetto capo della setta secondo il quale la sua dieta sarebbe stata in grado di guarire malattie incurabili.

Cinque le persone indagate al termine delle indagini delle squadre mobili di Ancona e Forlì, supportate dal Servizio centrale operativo, con accuse che, a vario titolo, vanno dall’associazione a delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù ai maltrattamenti, dalle lesioni aggravate all’evasione fiscale.

Il guru della presunta psico-setta macrobiotica, sua moglie, e altri due suoi collaboratori sono indagati dai pm di Ancona. Tre di questi, scrive l’Ansa, “rivestono ruoli apicali nella piramide organizzativa e decisionale del sodalizio”, secondo la squadra mobile del capoluogo marchigiano che ha ereditato l’indagine iniziata dai colleghi di Forlì, dove fu presentata la denuncia di una donna vittima della setta. Pianesi era considerato un’autorità nel campo dell’alimentazione macrobiotica in Italia, collaborava con importanti istituti di ricerca, faceva conferenza ed era a capo di un impero economico con decine di punti vendita e ristoranti a tutta Italia.

“I farmaci non curano, tolgono semplicemente i sintomi, la medicina uccide, i medici sono degli assassini”. Questo era solito dire ai suoi adepti (come riferisce uno di loro, secondo gli atti dell’inchiesta) il presunto capo della setta macrobiotica scoperta dalla polizia. L’uomo, ora indagato, secondo gli investigatori era riuscito a “carpire la fiducia di numerose persone che versavano in condizioni psicologiche fragili a causa di problemi di salute personali o famigliari” tanto da indurle ad abbandonare le cure della medicina ufficiale.

Una vittima della setta era arrivata a pesare 35 chili dopo essersi sottoposta al ferreo regime alimentare imposto dalle diete Ma.Pi. Secondo quanto si è appreso, la ragazza quando ha deciso di intraprendere la dieta non aveva problemi di peso ma è stata comunque sottoposta ad un dieta da fame giungendo ad essere sottopeso.

Un’altra vittima, una bimba, è rimasta sorda per un’otite non curata dai genitori, che avevano scelto di non usare farmaci come imposto loro dal guru.

Le indagini della Polizia hanno accertato che il rigido stile di vita imposto dal maestro, attraverso le cosiddette diete MA.PI, (dal nome del maestro) in numero di 5 (gradualmente sempre più ristrette e severe) e le lunghe conferenze da lui tenute, durante le quali si parlava per ore della forza salvifica della sua dottrina alimentare, erano volte a plasmare un asservimento totale delle vittime. Tutta la loro vita era gestita dal maestro che riusciva a manovrare a suo piacimento il mondo macrobiotico e si avvaleva dei suoi collaboratori, facenti parte della “segreteria”, attraverso “capizona” e “capicentri”, dislocati in varie parti d’Italia, all’interno dei “Punti Macrobiotici”. Gli adepti venivano convinti ad abbandonare il loro lavoro e in genere ad abiurare la precedente vita e a “lavorare” per l’associazione quale ringraziamento per il messaggio salvifico ricevuto; di fatto si trattava di sfruttamento, costretti a lavorare per molte ore e, nella migliore delle ipotesi, sottopagati.

Il guru di quella che gli investigatori chiamano la “psico-setta a scopo economico” avrebbe creato alcune società a lui riconducibili. Scrive l’Ansa che secondo gli investigatori “pretendeva dagli ‘adepti’ donazioni in denaro, a suo dire, ad esempio alla realizzazione di una grande clinica dove praticare cure alternative alla medicina ufficiale: chi non riusciva a pagare subiva una sorta di processo di fronte al guru e ad altri adepti e doveva fare autocritica”.

Gli adepti venivano costretti a lasciare la loro attività e a lavorare di fatto gratis per l’associazione. L’esame dei conti bancari, spiegano gli investigatori, “ha confermato come le ingenti somme venissero, alla fine, convogliate sui conti personali e dei familiari dei principali indagati”.