Annamaria Franzoni chiede i domiciliari per stare con il figlio Gioele

di redazione Blitz
Pubblicato il 10 Dicembre 2013 - 19:18 OLTRE 6 MESI FA
Annamaria Franzoni

Annamaria Franzoni

BOLOGNA – Annamaria Franzoni è tornata a chiedere la detenzione domiciliare per poter assistere il figlio più piccolo, Gioele. Il tribunale di Sorveglianza di Bologna, presidente Francesco Maisto, si è riservato la decisione.

“Annamaria – ha spiegato il suo legale, Paola Savio – ovviamente aspetta con ansia la risposta”. “Il procuratore generale ha espresso parere contrario, noi abbiamo sostenuto le nostre motivazioni”, ha aggiunto l’avvocato. Tempi? “I tempi del tribunale non li conosco, si prenderanno il loro tempo”, ha concluso Savio lasciando il palazzo di giustizia.

Annamaria Franzoni è stata condannata a 16 anni (tre coperti da indulto) per l’omicidio del figlio Samuele Lorenzi, avvenuto il 30 gennaio 2002 a Cogne. E’ detenuta dal 21 maggio 2008. L’udienza odierna era stata fissata da tempo, dopo che la Cassazione aveva accolto il ricorso della donna contro l’ordinanza della Sorveglianza bolognese che il 20 agosto 2012 le aveva negato la detenzione domiciliare per assistere il figlio, giudicandola inammissibile poiché la misura non può essere concessa a chi, come Franzoni, oltre alla condanna ha avuto come pena accessoria la decadenza dalla potestà genitoriale.

La difesa di Annamaria Franzoni però aveva opposto che si trattava non di decadenza dalla potestà, ma solo di sospensione, per il tempo di espiazione della pena. La Suprema Corte, nel giugno scorso, aveva ritenuto che la decisione della Sorveglianza bolognese dovesse avvenire in contraddittorio tra le parti, alla presenza dell’avvocato della Franzoni. Aveva quindi annullato senza rinvio il provvedimento, disponendo la trasmissione degli atti al tribunale per una nuova decisione.

Nel frattempo a ottobre la donna è stata ammessa al lavoro esterno, e va dal lunedì al venerdì a confezionare borse in una coop sociale che lavora per il reinserimento dei detenuti. Inoltre, a metà novembre, le era stato concesso un permesso di cinque giorni per stare con la famiglia a Ripoli Santa Cristina, il paese dell’Appennino bolognese dove il marito Stefano è rimasto a vivere con i figli. Oggi la richiesta di ‘detenzione domiciliare speciale‘, ex art. 47 quinquies dell’Ordinamento penitenziario, è stata ribadita. In aula Annamaria è apparsa meno provata del 10 ottobre scorso, quando arrivò alla parrocchia di Sant’Antonio di Padova a La Dozza, dove lavora.

Martedì – vestita con lupetto bianco, cardigan nero e jeans – è rimasta seduta a lungo nella sala d’attesa del tribunale di sorveglianza, studiando con i suoi legali le carte. Poi, terminata l’udienza, è uscita a passo veloce dal palazzo di giustizia, seguita dai cronisti alle cui domande non ha voluto rispondere. Scortata da un carabiniere è entrata nel palazzo della Procura dove ha atteso che arrivasse l’auto che l’ha accompagnata alla parrocchia dove lavora. Lì, come già avvenuto, ha incontrato il marito Stefano Lorenzi, prima di tornare, come fa ogni sera, in carcere.