Annullata la sentenza di condanna a 7 anni per Dell’Utri. Processo da rifare
ROMA – La Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza d’appello di condanna a sette anni di reclusione per il senatore del Pdl Marcello Dell’Utri per concorso esterno in associazione mafiosa. Il processo di secondo grado dovrà essere rifatto a Palermo davanti ad altri giudici.
”Affrontero’ il nuovo processo ancor piu’ convinto della mia innocenza che ho testimoniato in tutti questi anni, fiducioso nella giustizia”: cosi’ il senatore Marcello Dell’Utri ha commentato la sentenza della Cassazione che ha cancellato la sua condanna a 7 anni di reclusione per concorso esterno alla mafia, disponendo un nuovo giudizio.
Il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, per il quale il senatore Marcello Dell’Utri (Pdl) dovra’ di nuovo essere processato in appello a Palermo, si realizza quando una persona, senza essere stabilmente inserita nella struttura di un’ organizzazione mafiosa, svolga un’attivita’, anche di semplice intermediazione, che consista in un contributo per le finalita’ dell’ organizzazione stessa.
Il concorso esterno in associazione mafiosa, non espressamente previsto come delitto autonomo dal codice penale (ma qualificato come combinato tra il ”concorso” previsto dall’art.110 e l’ ”associazione mafiosa” prevista dall’art. 416 bis) e’ stato oggetto di varie pronunce giurisprudenziali, dal momento che da piu’ parti ne era stata esclusa in un primo momento la configurabilita’. La controversia e’ stata poi oggetto di una pronuncia dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. La Corte Suprema ha stabilito che il concorso esterno nel delitto associativo riguarda ”quei soggetti che, sebbene non facciano parte del sodalizio criminoso, forniscano, sia pure mediante un solo intervento, un contributo all’ente delittuoso tale da consentire all’associazione di mantenersi in vita, anche limitatamente ad un determinato settore, onde poter conseguire i propri scopi”. (Cass. Sezioni Unite Penali, 5 ottobre 1994).
E’, pertanto, necessario non solo che il ”concorrente esterno” abbia tenuto una condotta chiaramente espressiva della sua disponibilità a partecipare all’associazione, ma anche che abbia agito con la coscienza e la volonta’ di concorrere alla realizzazione del particolare programma delinquenziale. Se mancano queste condizioni – e’ stato stabilito – le attività di semplice supporto, agevolazione, fiancheggiamento, compartecipazioni nei singoli reati non possono ritenersi un concorso esterno all’ associazione, ma devono essere diversamente qualificate dal punto di vista penale. Successivamente, con un’altra sentenza del 2005 (sentenza Mannino), le sezioni unite penali della Cassazione hanno affrontato nuovamente il tema della ”partecipazione ad associazione mafiosa” e del ”concorso esterno in associazione mafiosa”. Si definisce ‘partecipe’ – hanno specificato i giudici – colui che risulta inserito stabilmente e organicamente nella struttura organizzativa dell’associazione mafiosa, ”da intendersi non in senso statico, come mera acquisizione di uno status, bensì in senso dinamico e funzionalistico”.
Si ha concorso esterno in associazione mafiosa quando un soggetto, non inserito stabilmente nella struttura organizzativa del sodalizio e ”privo dell’affectio societatis”, fornisce all’associazione mafiosa ”un concreto, specifico, consapevole, volontario contributo che si configura come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento delle capacita’ operative dell’associazione”.