Antonio Fissore, il presunto 007 del sequestro Moro era un fotografo di Bra

di Redazione Blitz
Pubblicato il 25 Marzo 2014 - 10:27 OLTRE 6 MESI FA
Aldo Moro

Aldo Moro

ROMA – Antonio Fissore, il presunto 007 del sequestro Moro era un fotografo di Bra. Ma come si è arrivati a Fissore? Ecco l’altra storia del sequestro Moro, quella scritta da Enrico Rossi, un poliziotto che a partire dal 2011 iniziò ad indagare sul coinvolgimento dei servizi segreti.

“I servizi segreti aiutarono le Brigate Rosse a rapire Moro e a uccidere la scorta”. E’ questa la testimonianza riportata nei giorni scorsi dall’Ansa di un poliziotto che ha indagato su due uomini forse appartenenti al Sismi che erano in via Fani il 16 marzo 1978,  in sella ad una moto Honda.

Il poliziotto si chiama Enrico Rossi: “Dovevano proteggere le Br da ogni disturbo. Dipendevano dal colonnello del Sismi che era lì”.

Tutto parte con una lettera anonima inviata alla Stampa nell’ottobre del 2009.  

Questo il testo:

“Quando riceverete questa lettera, saranno trascorsi almeno sei mesi dalla mia morte come da mie disposizioni. Ho passato la vita nel rimorso di quanto ho fatto e di quanto non ho fatto e cioè raccontare la verità su certi fatti. Ora è tardi, il cancro mi sta divorando e non voglio che mio figlio sappia. La mattina del 16 marzo ero su di una moto e operavo alle dipendenze del colonnello Guglielmi, con me alla guida della moto un altro uomo proveniente come me da Torino; il nostro compito era quello di proteggere le Br nella loro azione da disturbi di qualsiasi genere. Io non credo che voi giornalisti non sappiate come veramente andarono le cose ma nel caso fosse così, provate a parlare con chi guidava la moto, è possibile che voglia farlo, da allora non ci siamo più parlati, anche se ho avuto modo di incontralo ultimamente…”

A Rossi, che ha sempre lavorato nell’antiterrorismo, la lettera arriva sul tavolo nel febbraio 2011 e inizia ad indagare. E subito viene identificato uno dei due uomini sulla Honda, la moto dalla quale partì la raffica contro l’ingegner Marini, che però si salvò.

Antonio Fissore, originario di Bra (Cuneo), morto a Firenze nell’agosto 2012. Sarebbe lui, secondo l’autore della lettera, l’uomo che partecipò al sequestro Moro proteggendo la fuga dei brigatisti.

L’articolo di Massimo Numa per la Stampa:

Professione fotografo, regista tv, esperto di comunicazione, commesso dal 2001 al 2010 in un negozio di dischi-video nel quartiere San Paolo a Torino.

Aveva conseguito il brevetto di pilota civile nella scuola di volo dell’aeroporto di Levaldigi. Alle spalle una famiglia benestante di coltivatori. Sposato con Franca Faccin, 68 anni, padre di due figli già grandi, Flavio (titolare di una società di produzione tv, la Fimedia) e Davide, operaio. Nel 2000 si separa e inizia una relazione (durata sino al 2010) con Tiziana A., torinese, commessa nello stesso negozio. Poi si lega a una terza donna, Monica M. e va a vivere con lei a Firenze, non lontano da via Villamagna. Un uomo alto 1,90, calvo, baffi. Distinto. Secondo l’autore della lettera anonima inviata alla redazione de La Stampa nell’ottobre 2009, Fissore sarebbe stato lo 007 che spianò una mitraglietta contro un testimone, per indurlo ad allontanarsi. L’anonimo era in fin di vita, gravemente malato. Non conosceva il nome del collega con cui operò in via Fani ma offriva indicazioni per identificarlo come il «marito» della commessa del negozio.

 

«Le armi prese dalla polizia»

La moglie, Franca Faccin, 68 anni, vive ancora nella villetta sulla collina di Bra. Accetta di rispondere a tre domande. Nei primi Anni 70, in particolare nel ’78, dov’era suo marito? «Qui con noi a Bra, non si è mai allontanato, di certo non andò mai a Roma». E la militanza nei Servizi Segreti? Ha mai avuto percezione di una sua doppia vita? «Non ha mai lavorato per i Servizi, era fotografo e regista tv». Pare in una tv privata piemontese. Le armi. Sapeva che in casa erano custodite una pistola cecoslovacca, rara, e una semi-automatica Beretta? «Certo, le ha prese la polizia, in casa non ho più neppure una sua foto».

Rintracciato grazie all’amante

L’autore della lettera anonima spiega di essersi deciso, prima di morire, per il rimorso di avere partecipato alla strage della scorta di Moro, di rivelare la verità. Non sa il nome del collega con cui era sulla Honda ma tutti e due – sostiene l’anonimo – erano al comando del colonnello dell’Ufficio R del Sismi, Camillo Guglielmi, che, quella mattina alle 9.15 era effettivamente in via Fani («Stavo andando a trovare un collega», aveva poi detto ai pm romani) dunque per caso. I due agenti avrebbero dovuto proteggere la fuga dei killer dopo la strage. La Digos di Torino individua subito Antonio Fissore, attraverso la sua ex amante di Torino. Si mettono in contatto con lui, sanno che aveva denunciato il possesso di due armi. Le vanno a cercare, il 24 maggio 2012, nella villetta di Bra. Trovate in una scatola di cartone. C’è anche una copia di Repubblica del 16 marzo 1978. Poi libri e saggi su temi-storico politici e ritagli di giornale, sempre su fatti di grande rilievo, come la prima guerra in Iraq di Bush padre.

Il foglio dell’on. Franco Mazzola

Poi una busta con un foglio dell’ex parlamentare dc Franco Mazzola, nel ’78 sottosegretario alla Difesa, ritenuto uno dei depositari dei segreti del caso Moro. Fissore viene denunciato per «incauta custodia» delle armi ma il procedimento della procura di Alba viene archiviato dopo la sua morte. Gli elementi dell’indagine finiscono in una nota inviata alla procura di Torino che, per competenza, trasferisce il fascicolo a Roma. L’indagine viene archiviata. Non erano emersi infatti, al di là degli elementi «suggestivi» e «sospetti» contenuti nella lettera, alcun indizio che potesse collegare il fotografo a via Fani. Chiude il sindaco di Bra, Bruna Sibille: «Faceva il fotografo nei matrimoni, ha lavorato in un negozio nel centro. Una persona gentile e riservata. Lui uno 007? Impossibile».