Appalti Global Service Napoli: Cassazione annulla condanna di Alfredo Romeo

di Redazione Blitz
Pubblicato il 11 Luglio 2014 - 11:43 OLTRE 6 MESI FA
Appalti Global Service Napoli: Cassazione annulla condanna di Alfredo Romeo

Alfredo Romeo

NAPOLI – La condanna a tre anni di reclusione per Alfredo Romeo nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti Global Service a Napoli è stata annullata dalla Corte di Cassazione. Le accuse nei confronti di Romeo erano di corruzione, turbativa d’asta e rivelazione di segreto nell’inchiesta sugli appalti in Global Service.

I giudici della Cassazione hanno poi annullato la condanna dell’ex Provveditore alle opere pubbliche di Campania e Molise e per l’ex vicepresidente della Provincia di Napoli, Antonio Pugliese. Il ricorso della Procura generale contro l’assoluzione degli altri imputati è stato dichiarato inammissibile.

L’inchiesta della Procura di Napoli sugli appalti scattò nel 2008 e suscitò grande clamore. Al centro dell’indagine la gara, mai aggiudicata, per la riparazione delle buche stradali e il rinnovo dell’arredo urbano a Napoli. Secondo l’ipotesi accusatoria, Alfredo Romeo era riuscito a pilotare l’appalto grazie ad alcuni assessori comunali. Al termine del processo con rito abbreviato, tuttavia, nel marzo del 2010, gli assessori Giuseppe Gambale, Enrico Cardillo, Ferdinando Di Mezza e Felice Laudadio furono assolti, mentre Romeo e l’ex provveditore alle Opere pubbliche Mario Mautone furono condannati per un episodio di corruzione.

Nell’aprile del 2013 la Corte d’appello confermò l’assoluzione per gli assessori, ma inasprì la pena per Romeo e Mautone e condannò anche l’ex vicepresidente della Provincia di Napoli Antonio Pugliese.

L’azienda del Gruppo Romeo, dopo la sentenza della Cassazione, ha commentato in una nota:

“Su questa vicenda si è ricamato e si è strumentalizzato in danno delle persone coinvolte e delle loro famiglie e delle attività ed aziende che fanno riferimento al Gruppo Romeo, alimentando una contaminante e pericolosa immagine fortemente pregiudizievole e immeritatamente dannosa sul mercato”.

L’imprenditore, dice ancora la società, è stato assolto “definitivamente ‘perché il fatto non sussiste'”:

“Dunque il mostro non c’è più. Ma nell’uscire da questa vicenda ovviamente sollevato per il tanto auspicato riconoscimento della mia totale estraneità ai gravi fatti di rilievo penale ingiustamente attribuitimi dalla magistratura, non posso non segnalare come queste accuse infondate siano state continuamente riprese e rilanciate in modo deviante e strumentale da molti media. Mi auguro perciò che questi ultimi, anche per semplici ragioni di equità, possano ora contribuire in modo decisivo a ristabilire il corretto clima di fiducia intorno alla mia persona, al percorso imprenditoriale che rappresento ed alle aziende del mio gruppo”.

Romeo ha poi dichiarato.

“Resto convinto che la verità prima o poi trionfi sempre e che quindi l’impegno e la tenacia debbano essere sempre gli elementi essenziali per un corretto ed efficace sviluppo imprenditoriale, che, mi auguro, possa in futuro essere aiutato nella direzione della creazione di una maggiore ‘ricchezza’ (economica, culturale e sociale) per tutti, anche dal definitivo superamento dei vincoli e delle contraddizioni che caratterizzano il farraginoso funzionamento della pubblica amministrazione italiana, la cui profonda ristrutturazione resta, a mio avviso, il punto centrale per la ripresa produttiva del Paese in tutti i settori”.

Il processo è durato circa sei anni

“nonostante la richiesta del rito abbreviato, ed era impostato sull’ipotesi di ben 22 reati, che invece la Cassazione ha azzerato senza rinvio, con una decisione di alta valenza giuridica, bocciando l’intero impianto accusatorio”.

 

La nota della società poi conclude:

“Da segnalare ancora che il pregiudizio alimentato da questo processo, e successivamente dall’ingiustificato tam-tam mediatico ad esso correlato, ha procurato anche un danno oggettivo al mercato dei servizi per i cittadini che invece di avere per interlocutori aziende fortemente specializzate, hanno visto e subìto il progressivo degrado degli stessi servizi a loro destinati, con processi di internalizzazione approssimativi e insufficienti”.

Chiederanno un risarcimento per ingiusta detenzione, gli imputati assolti giovedì nell’affare Global Service, che aveva come principale imputato l’imprenditore Alfredo Romeo. Nel 2008 furono arrestati per ordine dei magistrati che indagarono sui rapporti tra politici e imprenditori in relazione agli appalti di Comune e Provincia per la manutenzione delle strade, arredo urbano e mense scolastiche, e in particolare sull’appalto mai bandito per l’affare Global service, 400 milioni di euro per la manutenzione delle strade cittadine dietro il quale, secondo le accuse, si sarebbe allungata l’ombra di quello che fu definito “sistema Romeo”. Alfredo Romeo oggi dice sollevato:

“Il mostro non c’è più”.

Il Mattino di Napoli, che ha seguito il post sentenza con Luigi Roano e Viviana Lanza, sotto un titolo che non lascia dubbi,

“Flop Global service: via alle richieste di risarcimento. Lepore: giusto indagare, niente scuse”

Nota:

“Anche se, all’indomani della sentenza della Cassazione che nell’ambito del processo sulle presunte irregolarità nella vicenda Global service ha annullato senza rinvio le condanne e ha respinto perché inammissibile il ricorso della Procura generale contro le assoluzioni già definite in appello, c’è un’aria di pacata soddisfazione [nel campo degli ex imputati], l’amarezza non si è dissolta.

Sulle assoluzioni rese definite dalla Suprema Corte gli imputati stendono il loro velo di amarezza. Chi era assessore dovette dimettersi, gli imprenditori subirono le ripercussioni che sulla vita delle aziende ebbero gli effetti dell’inchiesta, qualche consulente fermò lì la sua carriera scegliendo di anticipare il pensionamento.

Resta indelebile il ricordo delle manette ai polsi, delle accuse gravi, del peso dei giudizi basati sul sospetto che anticipavano le pronunce dei giudici veri.

Oggi, alla luce delle sentenze che nel corso dei vari gradi di giudizio hanno puntellato, demolendolo gradualmente, l’impianto accusatorio, quegli arresti hanno un sapore più amaro. Se dovesse essere riconosciuta l’ingiusta detenzione e quindi un risarcimento per il danno patito – il coro degli imputati assolti è unanime – non sarà che un risarcimento puramente simbolico perché «nulla potrà ripagare le sofferenze e le conseguenze di quella vicenda».

Si attende di conoscere le esatte ragioni della pronuncia con il deposito delle motivazioni della sentenza firmata mercoledì dalla sesta sezione della Corte di Cassazione (presidente Milo, relatore Petruzzellis)”.

In un’intervista al Mattino di Napoli, Giandomenico Lepore, che all’epoca degli arresti era capo della Procura della Repubblica, ha non è apparso scosso dalla sconfitta:

“Era giusto indagare, non devo scusarmi. È comunque venuto fuori che il sistema delle gare era illegittimo: si costruiva il vestito addosso a chi doveva partecipare alla gara”.

Sul suicidio di Nugnes è stato glaciale:

“Non ci penso mai, assolutamente mai, a prescindere dal fatto che ancora oggi non so il motivo per il quale il povero Nugnes arrivò a tanto. Il vero male della giustizia è che i processi durano troppo”.

Il verdetto della Corte di Cassazione, scrive Viviana Lanza, è

“destinato a fare storia: più di venti capi di imputazione annullati senza rinvio perché «il fatto non sussiste», la formula più ampia per azzerare le accuse che avevano trascinato a giudizio e portato alla condanna l’imprenditore Alfredo Romeo, Mario Mautone, ex provveditore alle Opere pubbliche della Campania e del Molise e Antonio Pugliese, ex vice presidente della Provincia, oggi tutti assolti in via definitiva”.