Appalti Viminale, per il prefetto Nicola Izzo arriva l’archiviazione

di Redazione Blitz
Pubblicato il 4 Aprile 2014 - 12:34 OLTRE 6 MESI FA
Appalti Viminale, per il prefetto Nicola Izzo arriva l'archiviazione

Nicola Izzo (Foto Lapresse)

ROMA – Nicola Izzo non è più sotto inchiesta: per il prefetto è arrivata l’archiviazione nell’ambito del processo sugli appalti per la costruzione del Centro elaborazione dati di Napoli, costato 37 milioni e considerato viziato dagli inquirenti e dalla commissione aggiudicataria.

Un’archiviazione dopo quattro anni di indagini, in cui al direttore centrale per i servizi tecnico-logistici del Viminale ed ex vicecapo della Polizia venivano contestati i reati di turbativa d’asta e rivelazione del segreto della gara d’appalto.

“C’è un giudice a Roma: non ho fatto reati, i sospetti sono stati diradati. Adesso spero che, come io ho rispettato le indagini e il processo, chiedendo di essere interrogato, tutti rispettino la sensentai tenza di archiviazione. Piaccia o non piaccia”,

ha detto Izzo in un’intervista a Corrado Zunino di Repubblica.

“Nessuno mi ripagherà per tutto quello che ho sofferto, i danni morali, fisici, umani e professionali patiti. I processi finiscono, ma la giustizia non trionfa. Nessuno restituirà nulla, a me come a tanti altri, e questo è un problema serio e sottovalutato. Chiunque al mio posto, dopo quattro anni di rivelazioni, indagini, convocazioni, titoli, direbbe lo stesso. Non chiedo risarcimenti economici, chiedo mi siano restituiti l’onore e le chance professionali”.

Diciassette mesi fa, nel 2012, Izzo si dimise da vicecapo della Polizia, nonostante il parere contrario del capo Antonio Manganelli e del ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri. 

Manganelli era contrario alle mie dimissioni, io le presentai in maniera irrevocabile. Non sono un funzionario di Stato da operetta, di quelli che dà le dimissioni per farsele respingere. Non ho mai difesa una poltrona, solo il mio lavoro. (…) Un Paese che richiede ad alta voce a un suo funzionario, ma anche a un ministro, le dimissioni al primo avviso di garanzia, un Paese che di fronte a un dubbio chiede spazio per gli accertamenti, poi deve prendere atto con altrettanta solerzia della sentenza del processo. Altrimenti diventa un Paese dall’etica traballante. E manda ai suoi funzionari, ai cittadini, questo messaggio: sempre meglio non dimettersi”.

Adesso, quello che Izzo vorrebbe è di riavere “indietro le mie chance professionali e la mia dignità individuale”.