Arrestato per spaccio, il gip lo assolve: “Uso marijuana per la follicolite”

di redazione Blitz
Pubblicato il 5 Aprile 2017 - 11:44 OLTRE 6 MESI FA
Arrestato per spaccio, il gip lo assolve: "Uso marijuana per la follicolite"

Arrestato per spaccio, il gip lo assolve: “Uso marijuana per la follicolite”

GENOVA – Per la procura era un pericoloso spacciatore da chiudere in galera. Ma il gip ha creduto all’imputato e lo ha assolto. Marco, nome di fantasia, arrestato lo scorso novembre a Genova, era solo un barista affetto da follicolite. A processo l’uomo, di 50 anni, è riuscito a dimostrare che quei 917 grammi di marijuana trovati in casa sua gli servivano a lenire i dolori e a farlo dormire serenamente a causa delle infezioni croniche di cui soffre.

Il pubblico ministero Giuseppe Longo aveva chiesto per lui una pena di un anno e otto mesi, già scontata di un terzo trattandosi di un processo con rito abbreviato. E pure il primo giudice dinanzi al quale era apparso lo aveva punito severamente: arresti domiciliari senza possibilità di lavorare nel bar di famiglia. Lo scorso 26 novembre la polizia si è presentata all’alba alla sua porta. Come racconta Matteo Indice sul Secolo XIX:

Marco, che divide l’appartamento con il padre, estrae da un cassetto la busta contenente quasi un chilo di stupefacente, ammette di utilizzarlo e spiega il perché: descrive la patologia di cui soffre, una forma molto invasiva e facilmente visibile di «follicolite», precisando che quella inquadrata dalla legge in primis come droga, gli serve da analgesico e sonnifero: «Soprattutto alla sera – spiega – quando a causa di questo problema e delle ferite che ne conseguono fatico a prendere sonno, assumo un infuso ricavato dall’ebollizione di piante di canapa e ne catalizzo gli effetti inalando il fumo d’una sigaretta, ottenuta mischiando tabacco e derivati della canapa stessa».

Resta quattro giorni in carcere, quindi il suo legale Luca Ferretti (l’avvocato che lo ha seguito nell’intero procedimento e ne ha infine ottenuto l’assoluzione), chiede che venga messo almeno ai domiciliari. Marco non può lavorare nel locale di famiglia e resta chiuso in casa per quasi quattro mesi: «Ho fatto dire dai miei parenti che ero sparito per un viaggio, temevo d’essere rovinato anche se a me pareva di non aver fatto nulla».

Finisce a processo, ma qui si rivela decisiva la consulenza della dermatologa Aurora Parodi, prof universitaria e direttrice della clinica dermatologica al San Martino. Prende in carico Marco come un semplice paziente che paga il ticket per le visite, senza chiedere la parcella per lo studio depositato nel corso del processo, e certifica che la sua follicolite è un problema serissimo, cronico, da cui è obbligato a dolorose incisioni cutanee e il consumo di marijuana serve soltanto a fargli sentire meno male e a dormire un po’ di più. E poi il tenore di vita di Marco è in linea con gli stipendi, è incensurato e mai è stato coinvolto in storie di spaccio: «Compro un chilo alla volta – conclude – per fare un po’ di scorta e non essere costretto a piccoli acquisti quotidiani». Il giudice Baldini non ha dubbi: ok che ha ammesso di usare droga, ma il fine è legittimo e soprattutto ammesso dai medici e dalle direttive del Ministero della Salute. Perciò va scagionato.